La nascita della vita sulla Terra: da pianeta di ghiaccio a oggi. La “Snowball Earth” svela i meccanismi di come accadde

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 2 Novembre 2010 - 11:31| Aggiornato il 1 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

C’era una volta un pianeta che tra i 750 e i 580 milioni di anni fa era completamente congelato, tanto che il ghiaccio raggiungeva i tre metri di altezza all’equatore, punto dove le temperature superficiali erano le più alte in assoluto. Questa non è la storia di un pianeta lontano, ma una teoria scientifica che riguarda il nostro pianeta, definita “Snowball Earth”, cioè la “Terra palla di neve”.

La teoria secondo cui la Terra alla fine del Neoprotozoico fu interessata da una glaciazione che durò milioni di anni, tanto che il pianeta divenne una palla di neve inospitale dove solo l’1 per cento delle forme di vita presenti, cioè i batteri, riuscirono a sopravvivere nelle vicinanze dell’equatore dove lo strato di ghiaccio permetteva il debole passaggio di luce, o nei pressi di sorgenti calde sottomarine dovute alla presenza di attività vulcanica.

La presenza di ghiacciai su tutta la superficie terrestre comportò nei migliaia di anni di glaciazione un aumento dei gas serra nell’atmosfera, che giunsero a livelli circa 350 volte superiori quelli odierni, permettendo così il disgelamento e la ripresa del ciclo vitale del pianeta, e segnò la comparsa delle prime forme di vita sulla Terra.

Una nuova prova del collegamento tra la teoria della “Snowball Earth “e la comparsa di vita sul pianeta deriva da una ricerca pubblicata su Nature e condotta dal team del biochimico Noah Planavsky dell’università della California di Riverside, che ha spiegato come “nelle registrazioni geologiche abbiamo trovato un segno delle alte concentrazioni di fosforo negli oceani apparse subito dopo gli eventi glaciali della Snowball Earth”.

Il confronto dei 700 campioni rocciosi raccolti, e delle ricerche precedenti, ha portato gli scienziati di Riverside ad analizzare i precipitati ferrosi depositati sui fondali marini, in modo da tracciare la storia della concentrazione di fosforo negli oceani, e notare un picco di questo elemento tra i 750 e i 635 milioni di anni fa, elemento che è alla base dello sviluppo della vita sul pianeta e della diversificazione delle specie viventi.

Le alte concentrazioni sono state imputate all’aumento di erosione delle terre dovute ad agenti chimici ed atmosferici legati al disgelo dei ghiacciai ricoprenti l’intero pianeta, ed Enriqueta Barrera, direttore della divisione di Scienze della Terra della NSF (National Science Foundation), che ha finanziato la ricerca di Planavsky, ha spiegato come l’incremento dei processi di fotosintesi, dovuto alla presenza di fosforo, ha permesso un incremento della produzione di ossigeno nell’atmosfera, causa della nascita di organismi vitali complessi sulla superficie.

Planavsky ha poi sottolineato che “il fosforo in definitiva ha limitato la produttività primaria netta sulla scala geologica. – ed ha aggiunto – Gli alti livelli di concentrazioni marine hanno facilitato il passaggio di ossigeno tra atmosfera ed oceani. Questo passaggio ha spianato la strada per lo sviluppo degli animali e della loro differenziazione ecologica”.

La scoperta ha così ribaltato la teoria degli scienziati secondo cui dopo la Snowball Earth si fosse verificata una “crisi del fosforo”, cioè una diminuzione di tale elemento, che sembrava la ragionevole conseguenza delle condizioni geologiche di un oceano con rocce ad alto contenuto ferroso.

Il biogeochimico Tymothy Lyons, che ha partecipato allo studio, ha spiegato che “ci sono molte impronte di agenti chimici noti per l’aumento di ossigeno negli oceani, e di conseguenza nell’atmosfera, durante la parte centrale del Neoprotozoico, che giustificano le attese di un incremento della vita animale”.

Lyons ha poi aggiunto che “questi risultati sono i primi a cogliere l’elemento chiave nutriente che fu alla base dei maggiori cambiamenti nella storia della vita sul pianeta, che in ultima analisi è legato ai cambiamenti climatici estremi del periodo”.

Pensando a questa scoperta non si può non riflettere sugli estremi cambiamenti climatici che hanno interessato la Terra, su come glaciazioni e riscaldamento globale si alternino dalla sua nascita generando modificazioni non solo della superficie terrestre e dell’atmosfera, ma anche degli essere vegetali ed animali che popolano questo mondo, una palla, di neve e di terra, sperduta nell’immenso universo.