Aids: in Italia l’anonimato c’è solo per un test su tre

Pubblicato il 17 Febbraio 2010 - 20:44| Aggiornato il 18 Febbraio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Il test per l’Hiv è anonimo nel nostro paese solo in poco più di un caso su tre. Nei restanti, viene richiesta la ricetta medica o un documento di identità. E’ il dato che emerge da un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità e della Consulta delle Associazioni per la Lotta all’Aids sull’accesso ai test in Italia.

Nei centri diagnostico-clinici pubblici intervistati è garantita la gratuità nel 76,2% dei casi, ma l’anonimato appena nel 37% e il colloquio di counselling pre e post Test, giudicato “prezioso” per l’approccio psicologico del paziente, nel 44,5% dei casi. L’indagine, effettuata attraverso un’intervista telefonica, è stata svolta con l’assenso degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e Province Autonome.

In 168 Centri Diagnostico-clinici su 449, il risultato del test viene consegnato in busta chiusa. Per il 76% dei 168 Centri che consegnano l’esito in busta chiusa, ciò avviene in caso di esito negativo, per il 4% in caso di esito positivo, per il 20% indipendentemente dall’esito del test. In 269 Centri il risultato del test viene consegnato dal medico.

In merito all’indicazione sul periodo finestra (vale a dire il periodo durante il quale si e’ stati contagiati ma non si sono ancora formati gli anticorpi specifici anti-HIV), emerge una certa varietà: il 25% risponde che il test deve essere effettuato dopo 6 mesi dall’ultima situazione di rischio, il 16,7% dopo 3 mesi, il 10,9% dopo un mese.

Per quanto riguarda i Centri Trasfusionali che hanno preso parte al Progetto, è stato rilevato che nel 26,7% dei casi accede al Test HIV anche la popolazione generale e non esclusivamente i donatori. Nel 65,9% dei casi, di fronte a un esito positivo al test HIV, la persona interessata viene contattata telefonicamente e invitata a recarsi al Centro per un colloquio con il medico.

Complessivamente, sia per la gratuità che per l’anonimato, il rapporto rileva “una evidente disomogeneita’”, mentre “le politiche sanitarie nazionali e locali dovrebbero considerare prioritario fornire indicazioni utili ad unificare le modalita’ di accesso e fruibilita’ del Test HIV, tali da offrire a tutte le persone presenti sul territorio italiano le medesime opportunita’”.

“A seguito di comportamenti a rischio – dice Gianni Rezza, Direttore del Dipartimento Malattie Infettive Parassitarie e Immunomediate dell’ISS – un accesso tempestivo al Test HIV può significare la possibilità di iniziare un efficace percorso terapeutico, se si e’ contratta la malattia, e puo’ limitare la diffusione del virus. Risulta dunque fondamentale facilitare l’accesso al Test, abbattendo gli ostacoli che in alcuni casi ancora lo contraddistinguono nel nostro Paese”.