Usa, più ospedali cattolici: calano aborti e sterilizzazioni

Pubblicato il 7 Marzo 2012 - 13:44 OLTRE 6 MESI FA

NEW YORK – In un articolo del 20 febbraio 2012 il New York Times ha messo in guardia gli Stati Uniti dal rischio insito in un’espansione squilibrata degli ospedali cattolici nel paese in una situazione, come quella attuale, di profonda riorganizzazione del sistema ospedaliero. Il timore espresso del quotidiano, non estraneo nel recente passato a prese di posizione considerate da alcuni “anticattoliche”, è che l’accesso a pratiche non in linea con l’etica cattolica, come l’interruzione volontaria di gravidanza o la sterilizzazione, diventino sempre più difficili in alcune aree del paese.

La riforma dell’assistenza sanitaria voluta dal presidente Barack Obama, che porta gli Stati Uniti verso l’instaurazione della «copertura sanitaria universale», prevede, tra le altre norme, che gli ospedali e i centri sanitari uniscano le forze per abbassare i costi di gestione e meritarsi così un surplus di investimenti da parte del governo federale. Da quando la legge è stata approvata nel marzo 2010, una vera e propria corsa alla fusione è nata nel sistema sanitario statunitense.

Gli ospedali cattolici sono in prima linea in questo processo per la semplice ragione del loro successo. Eredi di una lunga tradizione e gestiti in maniera efficiente, si stima che ogni anno diano assistenza ad un sesto dei ricoverati dell’intero paese. L’Ascension Health, un’organizzazione sanitaria no-profit di fede cattolica, rappresenta, per esempio, la prima rete di ospedali negli Stati Uniti, con un budget annuale di 14,7 miliardi di dollari.

In questo contesto, spinti dalla crisi economica e dagli effetti della nuova legislazione, sempre più piccoli ospedali laici cercano di unirsi con grandi centri medici, molti dei quali gestiti da organizzazioni cattoliche. L’anno scorso almeno venti progetti di questa sorta sono stati annunciati e si prevede che altri ne nascano nei prossimi mesi. Il risultato di alcune di queste operazioni sarà, secondo i critici, la restrizione a trattamenti medici quali la contraccezione, l’aborto e la sterilizzazione.

Alcuni dottori affermano che sarà sempre più difficile operare al meglio per i propri pazienti, specie nelle comunità più piccole e isolate. Le donne saranno le prime ad essere interessate dalla restrizione delle cure, specie nei casi di contraccezione di emergenza per le vittime di violenza sessuale o quando un’interruzione di gravidanza è richiesta per la salute della paziente.

La Chiesa cattolica ha spesso mostrato la sua intransigenza riguardo a queste pratiche. Nel novembre 2009, l’opinione pubblica americana viene a conoscenza della storia di Margaret Mcbride, una suora del centro cattolico St. Joseph Hospital di Phoenix che ha autorizzato un aborto su una giovane donna di 27 anni, già madre di quattro figli, in gravissimo pericolo di morte a causa della sua gravidanza. Nonostante l’operazione, conclusasi con successo, avesse avuto come scopo quello di salvare la vita della donna, la suora veniva scomunicata dal suo vescovo.