Emendamento Fava: se violi diritti d’autore, ti chiudo il sito senza processo

Pubblicato il 23 Gennaio 2012 - 18:07 OLTRE 6 MESI FA

Giovanni Fava (Lega Nord)

ROMA – Se la Camera, come ha già fatto la Commissione preposta, approverà l’emendamento del leghista Giovanni Fava l’Italia potrebbe ritrovarsi con una legislazione su internet molto più severa del Sopa (Stop piracy online act) che in America ha fatto tanto discutere e ha messo sul piede di guerra colossi del web come Google, Facebook e Yahoo!. Da noi già in molti parlano di minaccia per la libertà della Rete e di rischio censura.

L’emendamento Fava, approvato in Commissione Politiche Ue con il parere positivo del governo Monti tramite il ministro alle Politiche Comunitarie Enzo Moavero, prevede che, sulla base di una denuncia di un qualunque soggetto detentore di diritti d’autore che si senta danneggiato, il sito denunciato possa essere chiuso dal fornitore dei servizi online. E’ più severa del Sopa perché la proposta di legge dei repubblicani Usa dispone che debba essere almeno un giudice, anche se di una sede periferica, a disporre la chiusura di un sito che abbia violato copyright.

Qui invece basta una qualunque denuncia che arrivi da un qualunque titolare di diritti d’autore per poter chiudere un sito. Il pericolo censura c’è perché i provider di servizi online, come Google, non possono essere messi nella posizione di giudicare se è giusto o sbagliato tenere aperto un sito colpito da denuncia. Il loro criterio infatti è il profitto, la convenienza economica, e di fronte alla minaccia di una o più cause legali non ci penserebbero due volte a oscurare chi gli dà problemi. La pratica della delazione inoltre sarebbe indiscriminata e fonte di intasamento per i tribunali civili: una marea di denunce e di cancellazioni immotivate daranno il via a una pioggia di ricorsi da parte dei siti oscurati.

Tutto parte da un emendamento presentato dal deputato leghista Giovanni Fava ha presentato alla XIV Commissione per le Politiche Ue, al disegno di legge recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2011”, che aggiunge un “5-bis” all’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70 (pag. 170). Decreto che regola le responsabilità delle aziende che offrono servizi su internet, dai servizi di hosting agli internet provider, e stabilisce che le società non sono responsabili dei contenuti immessi nei propri server dagli utenti, nemmeno se considerati illeciti. Dispone però l’obbligo di rimuoverli appena le autorità competenti lo richiedono. Questa la parte più significativa del testo dell’emendamento Fava:

a) alla lettera a) sono aggiunte infine le seguenti parole: avvalendosi a tal fine di tutte le informazioni di cui disponga, incluse quelle che gli sono state fornite dai titolari dei diritti violati dall’attività o dall’informazione, anche in relazione ad attività o a informazioni illecite precedentemente memorizzate dal prestatore a richiesta dello stesso o di altri destinatari del servizio; b) alla lettera
b) dopo le parole: «autorità competenti» sono inserite le seguenti: «o di qualunque soggetto interessato».

Inoltre è stato ulteriormente modificato l’articolo 16 con l’obbligo per i fornitori di servizi di prevenire le attività illecite con “dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da esso”. Viene espressamente richiesto ai fornitori di adottare dei filtri con i quali si impedisce l’accesso alle informazioni e ai contenuti illegali presenti nei propri server, onde evitare e “ad agevolare la messa in commercio di prodotti o di servizi” tramite parole chiave che portano al download di prodotti non originali, quindi, per i sottoscrittori, illegali.

Il Parlamento ha tempo fino al 31 marzo 2012 per approvare la Legge Comunitaria 2011 con emendamento Fava annesso. Ma l’emendamento, una volta approvato, potrebbe essere immediatamente bocciato dall’Unione europea, come spiega bene il giurista Guido Scorza sul sito de L’Espresso:

L’emendamento dell’onorevole Fava, infatti, contiene un pugno di disposizioni che sono parte del disegno di legge già presentato dallo stesso onorevole – e di quelli gemelli di alcuni suoi colleghi – che il nostro governo ha trasmesso lo scorso 18 novembre? “Così come prescritto dalla disciplina Ue?” a Bruxelles, chiedendo alla Commissione di conoscere il suo parere circa la loro compatibilità con l’Ordinamento Europeo.

 Il termine entro il quale la Commissione dovrà pronunciarsi scadrà solo il prossimo 20 febbraio, con la conseguenza che, in sostanza, il nostro Parlamento si è ingarellato con le istituzioni Ue, cercando di approvare delle disposizioni probabilmente in contrasto con la disciplina Ue, prima che la Commissione Europea rilevi tale contrasto e ce lo segnali. Roba da furbetti del quartierino.

Un’ultima battuta sulla vicenda la merita il nostro Ministro per le politiche comunitarie, Enzo Moavero Milanesi: che, in Parlamento, richiesto di un parere sull’emendamento lo ha dato positivo, limitandosi a rilevare che l’emendamento Fava, affrontando “un tema, quello del commercio elettronico (?) di particolare delicatezza, che incontra sensibilità diverse (…) avrebbe meritato di essere affrontato in uno specifico provvedimento”.