Protesta dalla Gb: “Se la dieta non funziona, la colpa è dell’industria”

Pubblicato il 16 Gennaio 2012 - 15:10 OLTRE 6 MESI FA

LONDRA – La dieta non funziona? La colpa è dell’industria. In media una persona su tre in Gran Bretagna ha tentato di perdere peso mettendosi a dieta, ma solo il 5 per cento delle diete infatti riesce nella battaglia ai chili di troppo. La campagna di protesta “Ditching Diet”, abbandonare la dieta, è nata a Londra ed è organizzata dal gruppo Endangered Bodies, Corpi in pericolo. Il movimento di rivoltata ritiene che l’industria delle diete destabilizzi “l’appetito ed il desiderio di donne e ragazze di tutto l’Occidente”, come ha spiegato un portavoce all’Observer. I club per perdere peso più condannati sono Slimming World e Weight Watchers, finiti nel mirino del gruppo anti-dieta. Il movimento di protesta sul fallimento delle diete poi avrebbe anche una base scientifica: il corpo umano è progettato per rimanere grasso.

Le promotrici di questa organizzazione hanno proposto un evento simbolico davanti al Parlamento inglese. In dei cassonetti per “rifiuti inquinanti” saranno gettati e bruciati vecchie diete, contatori di calorie e riviste del “settore”.  Un modo per esorcizzare le ansie e le nevrosi per il 95 per cento di coloro che dalla dieta sono stati traditi.

Secondo il nutrizionista Attilio Speciani le diete non funzionano perché “il concetto di “dieta ipocalorica” come unico mezzo per perdere peso è superato da tempo. L´obiettivo non può essere soltanto quello di mangiare meno o non mangiare alcune cose, per mantenere il peso forma è necessario inviare i messaggi corretti al nostro corpo, perciò si deve parlare di metabolismo in generale. Gli alimenti dietetici, se usati come sostituti mentali a scelte nutrizionali, non servono a niente, sono soldi buttati al vento”. Speciani però non si scaglia contro l’industria come le attiviste inglesi: “È più corretto dire che le aziende hanno cavalcato un problema di rappresentazione culturale. Le donne sono ossessionate dall’idea di essere magre perciò rappresentano un mercato appetibile”.