Il ministro della cultura cinese, collega di Bondi, spara a zero sulla tv modello Berlusconi: noi vogliamo vietare il cinema ai minori di 10 anni, ma la tv sempre senza regole

Pubblicato il 6 Agosto 2010 - 18:28 OLTRE 6 MESI FA

Pro memoria per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il suo ministro per la Cultura Sandro Bondi, quello che vuole vietare il cinema ai minori di dieci anni ma si guarda bene da porre limiti alla amata tv.

Tema: giornali e libertà di stampa. Dal paese dove il comunismo è ancora una cosa seria e quando un ministro parla il mondo ascolta in reverente silenzio.

Il ministro della cultura cinese Cai Wu ha drtto oggi all’agenzia di stampa Nuova Cina che le pubblicazioni cartacee e on line cinesi sono ”volgari”:  ”Noi pubblichiamo più di 300.000 libri ogni anno, ma quanti di questi possono essere paragonati alle grandi scritture dei nostri antenati? Abbiamo produzioni volgari, kitsch, e i governi locali spendono troppi soldi su progetti vani invece di investire su strutture culturali che finiscano queste pubblicazioni volgari”.

Ma il ministro, che non è paralizzato dal conflitto di interessi, gode di una maggiore libertà di Bondi e può sparare a zero anche sulle produzioni cinematografiche e televisive: ”Produciamo circa 400 film e centinaia di serie televisive ogni anno, ma quante di queste possono essere riconosciute come classici?”.Per non parlare dei programmi tv importati dal resto del mondo, che stanno impazzando in questi periodi sulle tv cinesi, attirando l’attenzione di tutti i giovani cinesi.

Cui ha attaccato le amministrazioni locali che troppo spesso costruiscono ”palazzi e progetti vani come begli o avveniristici edifici, invece di puntare alla cultura”, investendo meno dell’1% delle spese annuali provinciali, dimenticando ”o ignorando il costrutto della cultura socialista”. Proprio quest’ultimo concetto era stato incluso dal 17mo congresso del partito comunista cinese, nella stessa causa e programma del partito, per la costruzione 99del socialismo con le caratteristiche cinesi”.

Per Cui, la realizzazione delle pubblicazioni volgari è il risultato dello sviluppo economico troppo legato al mercato.