Per Paolo Flores D’Arcais, Montezemolo leader ideale della santa alleanza anti Berlusconi. Ma nomina Prodi

Pubblicato il 4 Febbraio 2011 - 13:28 OLTRE 6 MESI FA

Paolo Flores D'Arcais

Paolo Flores d’Arcais è una delle persone più intelligenti e capaci che  agiscano sul palcoscenico della cultura e della politica italiana di sinistra. Ha fondato più di vent’anni fa una rivista trimestrale, poi bimestrale, Micromega, che ha portato e mantenuto al successo in tutti questi anni, rivelandosi, fin dalla scelta della grafica, un genio del marketing e facendo ogni tanto anche guadagnare qualche soldo all’editore, l’Espresso, un risultato che nemmeno in America riviste di alto valore culturale e contenuto ideologico, come The Nation o New Republic, sono riuscite solo raramente a conseguire.

Flores è anche riuscito a conseguire importanti risultati anche come animatore politico, basti pensare ai Girotondi che visti col senno di poi erano una speci edi tea party antre mnarcia, solo che sono stati poi stemperati nella burocrazia partitica del sistema elettorale italiano.

Da quando è uscito il Fatto quotidiano Paolo Flores ha scritto vari articoli di fondo, sempre un po’ sulla alta frequenza delle sue estreme convinzioni politiche, ad esempio in materia di giustizia, come giusto per un borghese di un certo lignaggio come lui, anche se di sinistra.

L’articolo di fondo che ha scritto per il Fatto di mercoledì 3 febbraio ha una caratteristica insolita: è freddo, distaccato, amaro fin dal titolo: “Così rivince lui”, una lucida, spietata analisi di dove i politici dell’arco della sinistra rischiano di portarci, un Berlusconi perpetuo.

“Il regime minoritario del bunga-bunga e del latrocinio vincerà le prossime elezioni”, è l’analisi spietata di Paolo Flores, grazie a un sistema elettorale “che assicura il 55% dei seggi alla coalizione che arriva prima anche con un davvero minoritario 35%”. Poiché “i sondaggi accreditano al momento la coalizione anticostituzionale (Berlusconi più Lega) di una cifra appena superiore, intorno al 40% “non ci vuole Huygens per dedurre che essa potrà [instaurare] il suo fascismo post-moderno”.

Immaginando come sarà lo stato d’animo di un Berlusconi, incattivito dalle recenti vicende giudiziarie post Ruby e vincitore di un voto che avrà trasformato in un referendum su se stesso, si può solo scegliere, in alternativa al termine “fascismo”, i contemporanei modelli Chavez o Lukashenko, che Berlusconi tanto ammira e a quel punto ci si potrà solo affidare alla fondamentale matrice democratica di Bossi, Maroni e delle nuove leve leghiste. Questo Flores non lo dice, ma il buon senso ci porta inesorabilmente lì.

Il ragionamento di Flores non si chiude però su questa nota di cosmico pessimismo, ma fa un passo avanti. Lo scenario si verificherà “se le varie forze antiberlusconiane si presenteranno divise”, come tutto sembra indicare in questo momento: “Ma questa prospettiva non sembra allarmare i capi dei vari partiti di presunta opposizione, e neppure – ahimè – una parte considerevole della società civile democratica, che pure l’opposizione l’ha sempre fatta sul serio”.

Flores all’inizio del suo editoriale riconosce che a Massimo D’Alema è “[accaduto] di dire una cosa sensata”, che per battere Berlusconi ci vuole, per pure ragioni di aritmetica, una coalizione amplissima.