Popolo viola: “In Rai ‘clausola di gravidanza’. Incinta? Ti licenziano”

Pubblicato il 20 Febbraio 2012 - 15:31 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Secondo il sito del ‘Popolo Viola’, nel contratto Rai per i collaboratori esterni a partita Iva (quindi, precari) ci sarebbe una “clausola di gravidanza”: ovvero ci sarebbe un punto 10 (di cui il Popolo viola mostra una foto, qui accanto) secondo cui l’azienda si riserva, in caso di gravidanza della dipendente, di licenziare senza nessun indennizzo.

La denuncia del Popolo viola parte da una segnalazione arrivata da Valeria Calicchio, responsabile del collettivo dei giornalisti precari “Errori di Stampa”. La cosiddetta “clausola di gravidanza”, si legge sul sito del Popolo viola, sarebbe “imposta alle lavoratrici precarie all’atto della firma del contratto”. E dovrebbe prevedere che “se una donna rimane incinta la Rai potrà valutare l’incidenza della gravidanza sulla produttività della lavoratrice e, se questa ne risultasse compromessa, si riserva sostanzialmente di risolvere il contratto senza alcun indennizzo a favore della lavoratrice”.

Scrive Errori di Stampa al dg Lorenza Lei: “Sull’interpretazione di quel punto non ci sono dubbi: se una donna rimane incinta la Rai potrà valutare l’incidenza della gravidanza sulla produttività della lavoratrice e, se questa ne risultasse compromessa, si riserva sostanzialmente di risolvere il contratto. In Rai, quindi, l’azienda editoriale che lei dirige, non solo i giornalisti sono “consulenti”, pagati a cottimo e costretti a versare Inps o Enpals al posto dell’Inpgi. Ma hanno anche l’umiliazione di sapere che scegliere un figlio potrebbe implicare la rinuncia coatta al lavoro. Noi riteniamo che quella clausola sia retrograda e illegale. È un ostacolo formale e vergognoso al raggiungimento di condizioni di reale eguaglianza fra lavoratori (precari) e lavoratrici (precarie): una palese violazione dell’articolo 3 della Costituzione”.

“Sappiamo che più della metà dei “precaRAI” sono giornalisti, ma è impossibile conoscere il numero esatto. La politica di via Mazzini, infatti, da anni, è quella di assumere i giornalisti che lavorano per i programmi di rete e non di testata con contratti-truffa come quelli da “consulente”, “presentatore-regista” o “programmista-regista”. Etichette dietro alle quali, nella gran parte dei casi, si celano redattori che svolgono attività puramente giornalistica. Assunti però senza uno straccio di tutela, pagati a partita iva e a puntata, a fronte di fatture in cui è vietata inserire la voce Inpgi, l’istituto di previdenza sociale giornalistica. Non dimentichiamo la sua firma sull’accordo sindacale che stabiizza i bacini A e B di precari interni, segnale in sè positivo e rivoluzionario rispetto al passato. Ma crediamo che per parlare davvero di miglioramento nel servizio pubblico nazionale qualcosa in più debba essere fatto. Per questo le chiediamo di porre fine al proliferare di contratti “ultraleggeri”, di sostituirli con scritture più’ serie, realisticamente rispondenti alle mansioni del lavoratore. E di stralciare dal testo la penosa “clausola gravidanza” contenuta al punto 10 del contratto di consulenza”.

”Il coordinamento dei giornalisti precari ‘Errori di stampa’ ha chiesto alla Rai se risponda al vero la notizia seconda la quale una collaboratrice precaria possa essere mandata a casa in caso di gravidanza, quasi fosse una malattia o una colpa grave”. Lo dice Giuseppe Giulietti portavoce di Articolo 21. ”Purtroppo una simile prassi è già stata adottata da molte aziende – continua Giulietti -, non a caso tra i primi provvedimenti del governo Berlusconi ci fu proprio la abrogazione della Legge Nicchi che metteva un freno ad eventuali forme di arbitrio. In ogni caso dalla Rai ci attendiamo una risposta argomentata e tempestiva alla denuncia della associazione ‘Errori di stampa”’.