La strage dei copti di Alessandria rivela la fragilità dell’Egitto e gli incubi del dopo Mubarak

Pubblicato il 4 Gennaio 2011 - 21:18 OLTRE 6 MESI FA

Le proteste dei cristiani copti nelle strade del Cairo

Franco Venturini, sul Corriere della Sera, dice parole nobili, chiare, che di rado si sono sentite negli ultimi anni da fonti non religiose: “La persecuzione delle minoranze cristiane in molte società islamiche non può e non deve lasciarci indifferenti”.

Poi allarga l’orizzonte e cerca di farci capire, con una lucida analisi, che cosa sta succedendo. Comincia col domandarsi se “il kamikaze di Alessandria, oltre a fare strage di copti, ha forse voluto collocare una bomba a orologeria sotto il trono presidenziale di Hosni Mubarak”.

Mubarak, avverte Venturini, ha 82 anni, è da trent’anni al potere ed è malato. Inoltre sa che le elezioni presidenziali in calendario per il 2011 non saranno una formalità e, dovendo porsi seriamente il problema della successione, ha fatto in modo che dalle urne delle elezioni parlamentari egiziane di un mese fa, “l’accorta regia dei suoi uomini  facesse uscire una assemblea dominata da un virtuale partito unico, capace di gestire senza traumi l’ormai vicino passaggio di poteri”.

Si chiede Venturini: “Lo scettro passerà dal padre Hosni al figlio Gamal, come avrebbero fatto i faraoni? Oppure l’anziano presidente si farà rieleggere, rendendo automatico il subentro di Gamal in caso di morte o impedimento? O ancora, se Gamal sarà giudicato da alcuni troppo vicino al mondo dei grandi affari, sarà il potente ma fedelissimo generale Omar Suleiman ad emergere?

La risposta ancora non si conosce ma “Mubarak ha comunque lanciato un messaggio chiaro: la successione è cosa mia, e non saranno tollerate interferenze democratiche o pluralistiche. L’Occidente ha guardato dall’altra parte. Troppo preziosa è la stabilità interna dell’Egitto”.

Inoltre, “irrinunciabile è l’argine del Cairo contro i fondamentalismi più o meno qaedisti che ormai si annidano nel Maghreb e nell’Africa subsahariana”: “la realpolitik  impone alle democrazie occidentali — Italia in prima fila— di tapparsi il naso e sperare che il raìs azzecchi l’erede”.

Il “fianco scoperto” di Mubarak e del suo “gruppo di potere” è dato “dal potenziale destabilizzante degli scontri inter-religiosi”. “I qaedisti vogliono colpire i cristiani simbolo delle degenerazioni occidentali; gli islamici radicali si contrappongono ai Fratelli musulmani; questi ultimi, “certo, hanno avuto una evoluzione incoraggiante, ma sono sempre l’altro braccio di Hamas” e ora, con una nuova piega della loro evoluzione politica, “hanno solidarizzato con i copti”; “una galassia fatta di minoranze corpose ma anche di gruppuscoli fanatizzati che non di rado nella storia egiziana ha innescato spirali distruttive”  e “le lotte interconfessionali potrebbero tentare chi vuole dar fuoco alle polveri”.

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