Tumori, associazioni: troppe differenze nelle cure tra Regioni

Pubblicato il 12 Maggio 2011 - 22:33 OLTRE 6 MESI FA

ROMA, 12 MAG – Troppe differenze, sia nelle dotazioni tecnologiche, sia nella disponibilita’ di farmaci. Tanto che quasi la meta’ degli italiani, se si dovesse ammalare di cancro, pensa a una Regione diversa dalla sua per curarsi, e altrettanti si dicono pronti ad andare anche all’estero, se necessario. Ben venga quindi il piano oncologico nazionale, che tra le altre cose da’ alle patologie oncologiche una corsia preferenziale, ma per porre fine ai ‘viaggi della speranza’ e garantire cure uguali a tutti i cittadini, serve ”uno sforzo in piu’ ”.

E’ il messaggio che lanciano le associazioni di volontariato in oncologia, riunite nella Favo, che hanno presentato il terzo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, in occasione della VI Giornata nazionale dei malati oncologici. Il cancro, ha sottolineato anche il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, in effetti e’ sempre piu’ ”una malattia cronica”, visto che, secondo i dati raccolti dall’Osservatorio permanente sui malati oncologici, sono in continuo aumento i cosiddetti ‘lungo-sopravviventi’, chi cioe’ ha ricevuto una diagnosi di tumore da piu’ di cinque anni. E per migliorare un sistema di cura comunque ”tra i migliori al mondo”, bisogna spingere sulla qualita’ dei servizi sul territorio, strada maestra per porre fine alla mobilita’ regionale, che interessa soprattutto, ha detto il ministro ”la chirurgia oncologica”.

La tendenza alla mobilita’ e’ stata fotografata da un’indagine del Censis su 1000 intervistati, rivelando appunto che il 39,1% degli italiani, di fronte a una diagnosi di cancro, andrebbe all’estero a farsi curare. Percentuale simile (il 39,6%) di chi andrebbe in un’altra Regione, dato che sale al 48% quando a rispondere sono i cittadini del Meridione. Tra le cause ci sono in primis le differenti dotazioni tecnologiche. Secondo un censimento dell’Airo (associazione italiana radioterapia oncologica), per esempio, al momento sono solo 6 su 21 le regioni che hanno raggiunto l’obiettivo, fissato nel 2002, di 7-8 unita’ per milione di abitanti dei cosiddetti acceleratori lineari per la radioterapia.

E, spiegano gli esperti, la mancanza di un servizio di radioterapia vicino casa costringe i malati a migrare. Peraltro viaggi, sottolinea il presidente della Favo, l’ex ministro della Sanita’ Francesco De Lorenzo, ”che pesano sulle tasche di malati e famiglie”. Altro tasto dolente resta la disponibilita’ di farmaci oncologici. Nonostante l’accordo siglato a fine 2010 in Conferenza Stato-Regioni, che ha reso piu’ semplici le procedure per l’introduzione dei farmaci innovativi (non e’ piu’ necessario il loro preliminare inserimento nei piani terapeutici regionali), infatti, i medicinali non sono ancora presenti in tutte le Regioni. E servirebbe, secondo la Favo, estendere il concetto a tutti i farmaci antitumorali autorizzati dall’Aifa, non solo quelli innovativi. Dal canto suo, il ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto, ha garantito ”il pieno coinvolgimento” della Conferenza Stato-Regioni.