MILANO – “E’ come giocare a ramino. Puoi vincere o perdere, ma conta la partita”. Così se ne è andato Dario Fo, vigile quasi fino all’ultimo minuto. A raccogliere le sue ultime parole scherzose, riportate da Giuseppina Manin sul Corriere della Sera, è stato l’amico Carlin Petrini che era andato a trovarlo in ospedale nelle ultime settimane. Gliele ha sussurrate da sotto la mascherina dell’ossigeno: “Sto lottando come un leone – gli aveva preannunciato – ma non so se basterà”.
Nei suoi ultimi giorni di vita, già ricoverato nel reparto di pneumologia dell’ospedale Sacco di Milano, Dario Fo continuava ad informarsi sui temi di attualità, ha raccontato il primario Delfino Luigi Legnani. “Si faceva leggere i giornali dai suoi collaboratori perché aveva problemi alla vista”. E cantava: “I suoi collaboratori mi hanno detto che qualche giorno prima” dell’aggravarsi delle sue condizioni, Dario Fo “aveva cantato per ore. Una cosa incomprensibile” vista la situazione, ha aggiunto il Prof. Legnani.
Alla fine la partita l’ha vinta lei, Madama Morte, come la chiamava Fo, ma lui se ne è andato cullato dal dolce pensiero di restare immortale. Con una vivacità eccezionale che non gli ha fatto sprecare neppure un briciolo della sua straordinaria esistenza. Prima di finire in quel letto d’ospedale Fo scriveva, recitava, dipingeva ancora. Era arrivato a vivere con eccezionale energia i suoi 90 anni. “Mi sembra un’età pazza – rivelò in un’intervista all’Ansa alla vigilia dei suoi 90 anni, compiuti il 24 marzo – Ho ancora delle idee da portare avanti e mi indigno”.
In quei giorni il pensiero era andato ancora una volta alla sua Franca, scomparsa nel 2013: “E’ un guaio terribile averla perduta e vivere senza di lei. Era parte della mia vita. Non basta la memoria. Sogno tutte le notti Franca e sogno che è viva. Ecco, ho anche delle emozioni. Ne ho scoperto l’importanza”. Non era nei suoi programmi “arrivare fino a questo punto e mi meraviglia – raccontava – non essere rincoglionito. Ho qualche mancanza di memoria per certi fatti, situazioni, non ricordo i nomi, ma non ho mai prodotto così tante cose e non mi sono mai appassionato e divertito come in questi tempi”.
Una delle sue ultime fatiche è stato un libro intervista con Giuseppina Manin, uscito proprio per il suo 90esimo compleanno, intitolato “Dario e Dio” (Ed. Guanda) in cui si legge questo dialogo: Esiste? “No che non esiste” Sicuro? “Non c’è, non esiste, non ci credo. Però…” Però cosa? “Che invenzione. Come diceva Voltaire, Dio è la più grande invenzione della storia. E quel che più conta, ha fatto tutto da solo, si è inventato da sé”.
In quel libro tirava le somme della sua lunga esplorazione dei misteri più o meno buffi della fede e della religiosità. Del resto la figura di Gesù ha sempre affascinato Fo tanto che è al centro del suo spettacolo e testo più importante, quell’irriverente, umanissimo “Mistero buffo” nato nel 1969 e replicato per anni anche in giro per il mondo. Il lavoro si ispirava ai Vangeli apocrifi, ma poi portava in scena anche i re magi, Bonifacio VIII, storie e personaggi rivisitati con uno sguardo popolare e di umana partecipazione, ma finendo per esaltarne i lati paradossali. Il tutto recitato con quel corpo elastico, parlante, disarticolato di Fo, e con la voce e la costruzione di un linguaggio inventato, tra l’arcaico e il padano, onomatopeico e allusivo. Una mimica, una capacità di improvvisare, che affonda le sue radici nella Commedia dell’Arte e nel teatro all’italiana, che finisce per essere alternativo al teatro ufficiale.
Ricchissima la sua produzione editoriale degli ultimi anni, accompagnata spesso da sue illustrazioni, Fo era tornato anche in prima serata su RaiUno dopo circa quarant’anni e continuava a recitare. Perché, alla sua età, oltre a dipingere e far mostre, ancora saliva in palcoscenico, come faceva notizia con le sue dichiarazioni sulla realtà sociale o politica del paese, che lo ha visto dare il suo appoggio al Movimento 5 Stelle (il suo libro sul tema, “Un clown vi seppellirà” è del 2013), sempre per quella sua vena anarchica, contro il potere.