New York Times: l’antica Roma cade a pezzi, colpa del Governo che non dà i fondi

Pubblicato il 7 Luglio 2010 - 18:33 OLTRE 6 MESI FA

Macro di Roma

Roma, altro che Città Eterna è ormai tutta moderna. Mentre i monumenti moderni come Macro e Maxxi godono di buona salute e aumentano di valore, i monumenti storici come il Colosseo e Domus Aurea cadono a pezzi. Lo dice il New York Times che dedica mercoledì 7 luglio un lungo articolo sul patrimonio artistico di Roma, salutando nuove creazioni come i musei Macro e Maxxi, e progetti in corso come il centro congressi di Massimiliano Fuksas all’Eur. Oltre ai nuovi appartamenti di Renzo Piano, a cui si deve già l’Auditorium, ”aperto alcuni anni or sono appena fuori dal centro della città, alla soddisfazione generale”.

L’autore dell’articolo, Michael Kimmelman, cita per esempio un esperto come Richard Burdett, un urbanista londinese di origini italiane, che si chiede ”che cosa vuole fare da grande Roma”. La città è giunta a un crocevia, ”battagliando per il futuro, ma facendo passi indietro”, sostiene Burdett. I cambiamenti non sono mai facili, e il Nyt ricorda le polemiche per la nuova teca dell’Ara Pacis, opera dell’americano Richard Meyer. Le cose sono andate meglio per il Maxxi di Zaha Hadid, attirando circa 74mila visitatori.

Per le antichità, le cose non vanno in realtà molto bene, e il caso della Domus Aurea è emblematico. ”Una galleria a volta è crollata la scorsa primavera – ricorda Kimmelman -. Nessuno è rimasto ferito, per fortuna, perché il palazzo è stato chiuso nel 2008, a causa di problemi strutturali e di umidità, che minacciano gli affreschi. In pompa magna, il comune aveva aperto parte del sito (archeologico) ai turisti nel 1999. Poi a causa delle intense piogge, parte del tetto è crollato, il sito è stato chiuso e poi riaperto poco dopo, e quindi chiuso di nuovo”.

Secondo il New York Times, uno dei problemi sono i fondi sempre più limitati che il governo italiano dedica alla cultura. ”Una nazione la cui identità e sopravvivenza fiscale dipendono (dalla cultura) – scrive Kimmelman – ci dedica oggi lo 0,21% del suo bilancio statale (e la percentuale è diminuita), il che rappresenta circa un quinto di quanto la Francia consacra a teatro, cinema, mostre, musica e musei. Per non parlare della manutenzione delle migliaia di siti storici per i quali non esiste ancora un piano globale di conservazione”.