Il direttore della Tate Serota: “Contro la crisi l’arte deve divertire”

Pubblicato il 31 Ottobre 2011 - 15:27 OLTRE 6 MESI FA

"Abstraktes Bild" di Gerhard Richter (1987)

LONDRA, 31 OTT – La crisi tocca anche il mondo dell’arte. La ricetta per batterla è divertire il pubblico: ne è convinto Nicolas Serota, direttore della Tate Gallery di Londra, che ora ospita una retrospettiva dell’artista tedesco Gerhard Richter.

Intervistato dalla Stampa, Serota spiega che negli ultimi quattro anni la tate ha perso il 15 per cento dei sussidi governativi. Una riduzione resa ancora più rilevante dall’inflazione. Per questo l’unica soluzione, anche se solo parziale, è cercare finanziamenti, anche se, sottolinea Serota, ” è difficile in questa congiuntura”.

Per combattere la crisi, quindi, il gallerista ha una ricetta: “È importante prima di tutto trattare il pubblico e gli artisti con rispetto. Vorrei creare una sorta di forum, una piattaforma che gli artisti possano usare per mostrare il proprio lavoro. E al tempo stesso vorrei reinterpretare le vite degli artisti in modo nuovo, renderle stimolanti e interessanti per un pubblico sempre più sofisticato”.

Con questo intento la Tate cambierà: “Nel 2012 inaugureremo una nuova ala e ci sarà un rinnovamento anche dell’altra galleria, dedicata all’arte moderne, la Tate Britain. E poi proveremo ad espanderci anche con la ‘Plus Tate’, l’organizzazione che si occupa di suggerire partnership e prestare opere della Tate in diversi altri musei inglesi. Ma non faremo franchising del nostro marchio”.

Commentando i 23 anni al timone della tate, Serota dice: “È stato un grande periodo, Londra è una città straordinaria e il pubblico continua a crescere. La collezione permanente è davvero valida: i prezzi oggi sono altissimi e le risorse poche, ma noi abbiamo la fortuna di ricevere donazioni di pezzi importanti. Anche in questo siamo cresciuti: se prima eravamo tra i migliori dieci al mondo, oggi siamo nei primi cinque”.

Un periodo di tempo in cui è cambiato anche il pubblico: “Oggi è più esigente, chiede intelligenza, ma al tempo stesso divertimento, partecipazione e insieme spettacolo. Una chiave può essere nell’interdisciplinarietà, tra danza, pittura, scultura, arti visive e così di seguito. Era così negli anni ’20 del Novecento, negli anni ’60 e di nuovo oggi”.

Per quanto riguarda poi i gusti del pubblico, il direttore della Tate sottolinea che “stanno cambiando in tutto il mondo, soprattutto qui in Inghilterra e in altre parti d’Europa. Anche dal lato degli artisti le cose cambiano. Penso che oggi ve ne siano di altrettanto grandi che in passato. Ma la produzione è più dispersa, la comunicazione non è più fatta di piccoli gruppi o di singole città, non c’è un ‘trend’ alla moda e le associazioni come la Transavanguardia o l’Arte povera in Italia finiscono per durare poco”.