“L’ascensore sociale cade anche per José 50enne di successo”. Battista sul Corsera

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Gennaio 2013 - 10:01| Aggiornato il 6 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – José Mourinho, per i suoi 50 anni, avrebbe voluto una festa più serena. Infatti è dovuto intervenire il presidente del Real Madrid, Florentino Perez, per negare l’aut aut di Casillas e Ramos per “liberarsi” dello Special One: “O Mourinho o noi”.

“Soltanto bugie”, ha smentito Perez. “Nessun ultimatum” hanno fatto eco i “senatori” del Real. Ma il divorzio di José a fine stagione è sempre più vicino.

Pierluigi Battista, sulle pagine de Il Corriere della Sera, racconta come il destino dello “Special One” è lo stesso di molti suoi coetanei. A soffrire non è il portafoglio, solo il suo smisurato narcisismo.

“L’ascensore sociale delle società moderne è bello quando si sale, è terribile quando si precipita. Se ti chiami José Mourinho e stai per compiere 50 anni, può essere catastrofico se i giocatori del Real Madrid premono per il tuo esonero. Una brillante carriera da numero uno. I giri dell’Europa per non farti impigrire nei successi già ottenuti, non lasciarti abbagliare dalle coppe già conquistate. Il nome più ambìto, più ricercato, più pagato, più ammirato. E poi il crollo, la protesta che suona come uno sfregio. L’ascensore che va sempre più giù.”

“Le tasche di Mourinho non richiedono il conforto degli ammortizzatori sociali. E, a differenza dei cinquantenni anonimi estromessi brutalmente dal mercato del lavoro e disperati per la desolante certezza di non trovare più un lavoro e di essere inghiottiti nel buco nero degli scarti sociali, Mourinho non è a rischio povertà. E nemmeno disoccupazione, figurarsi: se non è il Real, sarà un altro club magari meno blasonato ma orgoglioso di esibire il proprio Mou. Tutt’al più ne verrà ferito l’orgoglio di un uomo-spettacolo che non è solo un mago delle panchine, ma un mattatore delle conferenze stampa, un personaggio che arricchisce con la sua sola presenza, con i suoi motti e con i suoi gesti, lo show mondiale del calcio. Ma le ferite narcisistiche sono quelle più dolorose da curare. Non è uno spogliatoio che mormora, rumoreggia e complotta. Non è una competizione con il Barcellona che viene perduta o una sontuosa campagna acquisti che viene polverizzata. È la percezione che niente è per sempre.”

“Per lui, Mourinho, e per il mondo, convinto che i percorsi delle esistenze celebri siano lineari, prevedibili, programmati al millimetro. Invece non è così: niente è il prodotto di un programmato onnisciente, come invece pensano i pianificatori della società perfetta. Per insondabili alchimie della vita, prima qualcosa funziona, poi non funziona più. Un’autorità si incrina, una fetta di mercato abbandona, un meccanismo non gira più e uno spogliatoio si rivolta contro il re delle panchine moderne, contro José Mourinho, brillante, affascinante, bravo, bello, spiritoso, che alla vigilia dei suoi primi cinquant’anni riceve l’umiliazione dei fischi e della sfiducia pubblica. L’ascensore sociale è molto capriccioso.”