“Gli interessi (nascosti) e le aziende della difesa”, Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera

Pubblicato il 1 Dicembre 2010 - 11:04 OLTRE 6 MESI FA

Finmeccanica e l’inchiesta della magistratura, le decisioni sui vertici e il ruolo della “multinazionale della difesa” sono al centro dell’analisi di Massimo Mucchetti che Blitzquotidiano vi propone come articolo del giorno.

L’inchiesta della magistratura potrebbe far anticipare, ma non è detto, le decisioni sui vertici di Finmeccanica, il cui mandato scade la prossima primavera. Poiché si tratta della multinazionale italiana della Difesa, la questione assume un rilievo generale e tuttavia legato alle sfide industriali. Dovrebbe infatti essere chiaro che, solo se va bene, Finmeccanica può presidiare le alte tecnologie e, al tempo stesso, aiutare la politica estera del Paese.

Il governo oscilla. Giulio Tremonti, ministro dell’Economia che detiene la maggioranza relativa, propende per una soluzione rapida, capace di ridare stabilità. Ma la scelta coinvolge pure Palazzo Chigi, dove il sottosegretario Gianni Letta suggerisce di aspettare e vedere. La prima opzione prevede la permanenza di Pier Francesco Guarguaglini, 73 anni, alla presidenza e il conferimento dei poteri operativi a un amministratore delegato scelto tra i manager interni, con il contributo dello stesso Guarguaglini. Tre i candidati: il direttore generale Giorgio Zappa, 65 anni, da tempo critico con il presidente; il condirettore generale Alessandro Pansa, 48 anni, tutore dei conti leale a Guarguaglini; Giuseppe Orsi, 64 anni, capo dell’Agusta-Westland, radicata nel Varesotto, terra di Lega. L’altra opzione, invece, congela tutto, ma a termine potrebbe aprire la strada a un «papa straniero».
Per quanto sia stato ascoltato solo come teste, Guarguaglini risulta indebolito: le indagini coinvolgono manager e consulenti a lui vicini; tra questi spicca la moglie, Marina Grossi, la cui posizione, peraltro, non era stata discussa in termini di corporate governance prima dei guai giudiziari. Resta il fatto che è con Guarguaglini che Finmeccanica diventa una delle prime dieci aziende al mondo nella difesa.

In questi casi, è sempre meglio partire dalla storia. Quando, nel 2000, venne parzialmente privatizzata, Finmeccanica aveva valore negativo. Fu possibile darle un prezzo solo perché il governo le attribuì, quale ricapitalizzazione, la sua quota di StMicroelectronics, brillante azienda di semiconduttori. Finmeccanica rischiava di essere presa e spartita tra i big della difesa, un oligopolio dove la domanda viene dagli Stati.

Per evitare quell’esito, il governo D’Alema fissò per legge la partecipazione pubblica e pose un tetto del 3% ai privati. A fine 2002, anno d’insediamento di Guarguaglini, il valore del gruppo dipendeva ancora al 70% da St. Quella partecipazione è stata poi ceduta e i proventi reinvestiti. Oggi Finmeccanica dà lavoro a 72 mila persone, fattura 18 miliardi, per il 70-75% negli armamenti. Ha fabbriche in Italia, Regno Unito, Usa, ma anche in Polonia, India, Libia, Turchia, Australia.

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