“I costi della politica, trave e pagliuzza”: Ricolfi sul duo Boldrini-Grasso

Pubblicato il 21 Marzo 2013 - 13:29 OLTRE 6 MESI FA
Luca Ricolfi commenta per La Stampa le auto-riduzioni agli stipendi dei presidenti delle Camere Boldrini e Grasso

ROMA –  “I costi della politica, trave e pagliuzza”: Luca Ricolfi, su La Stampa di giovedì 21 marzo, torna sul primo gesto dei due neo presidenti di Camera e Senato Boldrini e Grasso, quello di auto-ridursi lo stipendio del 30% e di estendere le ore produttive in Parlamento anche al lunedì e venerdì. Ovvio che questa mossa, nota il sociologo nel suo editoriale, riceva consensi (facili?) e aumenti la loro popolarità: tuttavia, questo non toglie che il meritorio atteggiamento anti-casta presenti qualche problema.

“Quel che mi lascia perplesso è la penosa gara a chi è più puro, più immacolato, meno politico, che si sta scatenando fra i politici stessi. Era già abbastanza ridicolo vedere Bersani e i suoi inseguire i grillini sul loro terreno, con la tesi secondo cui l’autoriduzione dei parlamentari del Pd a favore del partito sarebbe uguale o superiore a quella dei parlamentari grillini a favore del Movimento Cinque Stelle. Ma ho trovato semplicemente umiliante (per le istituzioni) il ping pong fra il duo Boldrini-Grasso e Grillo, con i primi che non perdono occasione per sottolineare che loro non sono casta, «come il 99% degli italiani», e il secondo che li invita a ridursi lo stipendio ancora di più (il 30% non basta, la riduzione deve essere almeno del 50%). Una conferma, se ve ne fosse bisogno, che a fare i puri si trova sempre qualcuno che si crede più puro di te”.

A parte le riserve sull’immagine offerta da una politica in ginocchio davanti al cosiddetto “nuovo”, Ricolfi invita anche vedere la trave dei giganteschi costi di una politica piovra invece di soffermarsi solo sulla pagliuzza dello stipendio dei parlamentari.

” […] le (poche) autoriduzioni volontarie di alcuni politici in vista servono a ben poco, mentre molto servirebbero leggi che agissero anche sull’immenso arcipelago di politici locali, consulenti, faccendieri, fornitori, ditte appaltatrici, personale di servizio, ex politici in pensione. Giusto per dare un ordine di grandezza, l’apparato complessivo della politica ci costa almeno 20 volte l’ammontare totale degli stipendi dei parlamentari. I cittadini paiono vedere assai bene la pagliuzza dei costi del Parlamento, ma sembrano ben poco attenti alla trave dell’apparato politico considerato nel suo insieme”.

Il sociologo, in conclusione di ragionamento, sottolinea la giusta citazione da parte di Boldrini e Grasso dei sindacati, indispensabili per raggiungere intese su una riduzione degli emolumenti esteso al personale non politico di Camera e Senato: forse, un modo elegante per suggerire l’impraticabilità di certe suggestioni buone per strappare qualche applauso e, alla fine, lasciare tutto com’è.  Senza contare che, a proposito di autoriduzioni volontarie, non è ben chiaro dove finirebbero le risorse, diciamo così, liberate: “sapere che, come oggi accade, le (rare) rinunce sei singoli finiscono nelle casse di un partito, di un movimento o di un gruppo ci conforta ben poco.”