De Bortoli: “Martini padre comprensivo. Il papa ai funerali, gesto simbolico”

Pubblicato il 1 Settembre 2012 - 09:05 OLTRE 6 MESI FA
martini

Carlo Maria Martini (LaPresse)

MILANO – “Un padre comprensivo”: Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, fa omaggio così al cardinale Carlo Maria Martini, morto il 31 agosto dopo 16 anni di malattia. Scrive:

Se lo avesse voluto, magari attenuando qualche sua posizione riformatrice, avrebbe potuto varcare il soglio pontificio. Ma a Roma preferì Gerusalemme. E al potere, gli studi e la gente. Martini non è stato soltanto un grande arcivescovo di Milano, negli anni difficili del terrorismo e dello sgretolamento morale della Prima Repubblica.

E ancora:

È stato soprattutto un padre comprensivo in una società che di padri ne ha sempre meno, pur avendone un disperato bisogno.

Nessuno avrebbe mai immaginato che l’algido rettore gesuita, scelto da Giovanni Paolo II alla fine degli anni Settanta come successore di Sant’Ambrogio, così aristocratico e apparentemente freddo, avrebbe parlato al cuore di tutti, non solo dei fedeli, con tanta concreta semplicità.

Nel suo libro Le età della vita, il cardinale ricordava un proverbio indiano che divide la nostra esistenza in quattro parti. Nella prima si studia, nella seconda si insegna, nella terza si riflette. E nella quarta? Si mendica, anche senza accorgercene. Il mendicante con la porpora ha avuto l’umiltà di dismettere i suoi abiti curiali e di condividere con noi timori e fatiche.

Poi De Bortoli lancia un invito al Papa: sarebbe bello, secondo il direttore del Corriere della Sera, che il pontefice partecipasse ai funerali.

E il rifiuto finale di un accanimento terapeutico, quasi un testamento biologico, farà discutere e riflettere. Nell’ultimo colloquio che avemmo, Martini, ormai senza voce, soffriva per gli scandali che scuotevano la Chiesa (indietro di 200 anni, dice nell’ultima intervista che pubblichiamo) e, pur su posizioni diverse, manifestava tutto il suo affetto e la sua vicinanza al Pontefice. Sarebbe un gesto altamente simbolico per l’unità della Chiesa, persino rivoluzionario, se lunedì in Duomo, per l’estremo saluto, ci fosse anche Benedetto XVI.