Deputati M5s tirano Swatch a Lupi, non Rolex e Renzi sogna che si dimetta

di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Marzo 2015 - 12:30 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Tre articoli oggi meritano la collocazione di articolo del giorno, uno di Sebastiano Messina, l’altro di Francesco Bei, entrambi su Repubblica e il video di Nino Luca sul Corriere.it. I tre pezzi assieme danno un quadro impressionante del momento di crisi che sta attraversando la politica non solo all’interno del suo mondo ma anche e sempre di più nei rapporti con la massa dei cittadini Qui si parla di miliardi, ogni appalto vale un punto di Irpef e gli italiani sono sempre meno disposti a pagare inique tasse per finanziare opere sbagliate e inutili il cui unico scopo sembra solo quello di finanziare le varie cricche, trasversali ai partiti, che ci succhiano il sangue.

Impressionante il video:

«Ma almeno quel vestito è tuo?»

chiedono i cittadini al ministro Lupi che inaugura il Made Expo

“tra contestazione e sorrisini”.

La risposta del ministro è agghiacciante. Se deve chiedere scura, lo fa alla sua famiglia, non ai cittadini italiani, questo è l’ultimo esempio di concezione feudale.

C’è il rischio che lo scandalo tracimi, tutti hanno attinto alle profonde tasche delle grandi opere.

Ora gli italiani aspettano di vedere Matteo Renzi: coprirà Maurizio Lupi e darà un segnale coerente con le tante parole?

Sebastiano Messina:

Macché dimissioni. Maurizio Lupi non ci pensa proprio. Quando arriva a Montecitorio sorride, quasi spavaldo, e al cronista che gli domanda se sia davvero certo che il governo lo appoggi, risponde secco: «Mi appoggia sicuramente ». Poi, scortato da Angelino Alfano, entra in un’aula semideserta, pronto per il suo question time. Sorpresa: solo i banchi dei grillini e dell’Udc sono affollati. C’è l’accusa e c’è la difesa. Ma dei 309 deputati del Pd ce ne sono appena una decina: non è un bel segnale, per il ministro. In compenso prima Buttiglione, poi Cicchitto e Brunetta salgono gli scalini dei banchi del governo per stringergli platealmente la mano. E quando qualcuno, dalla destra, gli fa un gesto di solidarietà, Lupi sorride e alza tutti e due i pollici: doppio okay, va tutto bene. Poi tutti aspettano che parli.
Qualcosa l’ha già detta a Milano, poche ore prima. Aveva preso l’impegno di inaugurare la fiera di edilizia «Made Expo» e non ha voluto cancellare l’appuntamento: per dimostrare che lui va avanti, nonostante la tempesta. Non ha fatto finta di nulla, anzi aspettava le domande dei giornalisti per rispondere alle accuse che gli piovono addosso. Sul Rolex che l’imprenditore Perotti ha regalato a suo figlio, per esempio: «Io non avrei mai accettato un orologio» ripete. «E non mi serve». Bastava guardargli il polso, per averne la conferma: lui ce l’ha già, un Rolex identico a quello generosamente donato a suo figlio Luca. Perché non abbia fatto restituire al mittente quell’orologio da diecimila euro, però, non l’ha detto.
E quel posto procurato al giovane Lupi dallo stesso Perotti? Il ministro ha insistito sulla sua linea: un conto è ricevere, un conto è chiedere. «E io non ho mai fatto pressioni per chiedere l’assunzione di mio figlio. Non ci potrà mai essere un’intercettazione io cui io dico: “Per cortesia devi assumere mio figlio”…». Non sapeva, il ministro, che in quel preciso momento le agenzie battevano un dettaglio del provvedimento giudiziario contro Incalza, il super-dirigente arrestato lunedì: «Allorché il ministro Lupi chiede a Incalza di ricevere il figlio Luca, all’evidente fine di reperire una soluzione lavorativa in favore di quest’ultimo, lo stesso Incalza immediatamente si rivolge al Perotti il quale subito si attiva». Dunque quel posto forse non l’avrà chiesto, ma a quanto pare l’ha fatto chiedere.

A dare voce alla indignazione degli italiani, nell’aula della Camera, mercoledì pomeriggio, c’erano però solo quello di Sel e M5s.
Per prima parla la grillina Mirella Liuzzi. Parte a tavoletta, quasi gridando: pensa al blog che rilancerà il suo numero, non all’aula semideserta che ha attorno. Definisce Lupi «il portavoce del ministro Incalza», cita il Rolex («Vergogna!» urla Di Battista), gli dà del «bugiardo» e conclude con sarcasmo: «Ora che suo figlio è sistemato, avrà la dignità di dimettersi?».
Già: cosa farà adesso il ministro? Nulla. Assolutamente nulla. Non ha alcuna intenzione di parlare del suo caso. Legge con tono piatto la risposta all’interrogazione e annuncia che risponderà, certo, «alle legittime richieste di chiarimenti, puntuali e doverosi, sull’azione del ministro», ma non adesso, perché nei tre minuti di un question time non ce ne sarebbe il tempo. Lo farà «quanto prima, in Parlamento, nelle modalità che la presidenza riterrà più opportune».

Sì, gli dice la deputata del Pd Magda Culotta, «un chiarimento sui fatti che la riguardano è quantomai opportuno e auspichiamo che avvenga al più presto ».

Ma i Cinquestelle non ci stanno. «Dimissioni, dimissioni! » gridano in coro, mostrando ironicamente i loro orologi. Carlo Sibilia, già richiamato due volte, lancia il suo Swatch verso il ministro, e viene espulso, ma Lupi fa finta di non farci caso. E quando ha finito le sue risposte, lascia l’aula senza aspettare Renzi che sta arrivando.

Francesco Bei:

Allora si dimette? «No, il presidente del Consiglio non si dimette». Maria Elena Boschi, in un corridoio della Camera, prova a stemperare con una battuta il clima pesantissimo che si respira nella maggioranza sul caso Lupi. Perché nel governo ormai la situazione è surreale. Matteo Renzi ne ha discusso con i fedelissimi e non intende fare marcia indietro: «La scelta sta a lui: o se ne va da solo oppure il governo non si schiera e si rimette all’aula».
È lo spettro della mozione di sfiducia, presentata da Sel e grillini, l’estrema arma per convincere il ministro delle Infrastrutture a non ostinarsi. Il governo non darà indicazioni di voto. Il Pd deciderà in maniera autonoma. Se il buon vento si vede dal mattino, per Lupi saranno guai. Martedì, alle prime notizie sull’inchiesta, l’assemblea dei senatori dem — convocata sui lavori parlamentari della settimana — si è trasformata in una sorta di processo popolare a Lupi. E se persino un bersaniano come Cesare Damiano arriva a dire che «la vicenda del Rolex non va bene, questo è un problema che va affrontato », per l’esponente dell’Ncd è chiaro che non arriveranno coperture da nessuno.
Renzi si mantiene in silenzio. Ma è un’afasia che a palazzo Chigi spiegano in una maniera chiara. Nessun imbarazzo, semmai una presa di distanze esplicita. Del resto quando Lupi si è presentato alla Camera per il Question time, nessun ministro gli è rimasto al fianco, tranne ovviamente Angelino Alfano. E nel momento in cui Lupi usciva dall’emiciclo, il premier vi è entrato da un ingresso sul lato opposto. Proprio per non farsi fotografare insieme a lui. Un isolamento fisico e politico che rende bene la speranza del premier. Ovvero che il ministro, benché non indagato, si renda conto che «la sua immagine è compromessa» e sta compromettendo anche quella di un esecutivo impegnato proprio in questi giorni sul disegno di legge anticorruzione e sul falso in bilancio. In ogni caso, spiegano i renziani, non è previsto che Renzi intervenga sulla questione in prima persona. Anzi, è anche probabile che dopo il consiglio europeo di domani, prima del rientro a Roma, il capo del governo eviti la tradizionale conferenza stampa proprio per non incappare in domande sul destino di Lupi.
La speranza a questo punto è che l’affaire si risolva nelle prossime ore, [ma per Renzi la situazione è complicata:] ha un Pd in ebollizione con cui fare i conti. Un partito in cui circolano voci preoccupate e incontrollate sul futuro coinvolgimento anche di esponenti dem vicino al premier nell’inchiesta. Un tam tam probabilmente nato dalla presenza del nome di Luca Lotti nel faldone delle intercettazioni, una citazione tuttavia priva di rilievo politico e penale. Ma visto che con Ercole Incalza ci parlavano un po’ tutti, a destra e a sinistra, dall’ultimo peone ai ministri, dai sindaci agli assessori, è chiaro che l’inchiesta fiorentina sta facendo saltare le coronarie a molti.

Il video riportato dal Corriere della Sera:

Foto Ansa: