La svolta ultra-Fiat, Marchionnemente Emma. Luca Telese per Il Fatto Quotidiano

Pubblicato il 12 Gennaio 2011 - 11:21 OLTRE 6 MESI FA

La presidente di Confidustria Emma Marcegaglia difende l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, sulla gestione dell’azienda torinese. Sembrerebbe singolare, visto che Fiat è uscita da Confindustria, eppure forse dietro le parole della Marcegaglia si nasconde una strategia ben precisa: è questa l’ipotesi sollevata da Luca Telese su Il Fatto Quotdiano. Secondo il giornalista, il leader degli industriali vorrebbe, in questo modo, che l’esempio della Fiat venisse esteso anche alle altre fabbriche italiani, esportando un modello che vada incontro ai “padroni”.

Marchionnemente Emma. Pensateci: lunedì, lo spettacolare salotto di Porta a Porta offriva un panorama a prima vista surreale e un dubbio. Il cuore della puntata era l’epico duello del sindacalista Fiom Giorgio Airaudo nella fossa dei leoni, solo contro tre (più l’appoggio esterno di Bruno Vespa, ça va sans dire) a difesa del fronte del No al referendum Mirafiori.

In prima linea, a favore del Sì, c’era l’altro sindacalista, quello in giacca rosso pompeiano, specializzato in vertenze corporative sul pubblico impiego (Luigi Angeletti, secondo voi perché sorride sempre?) che si affannava a spiegare: gli operai della Fiat sono assenteisti (chissà come saranno contenti i suoi iscritti di Mirafiori, che secondo i dati dell’Unione industriali sono più presenti di tutti gli altri operai piemontesi). Poi c’era un ministro della Repubblica dal tono dolente (Maurizio Sacconi), che al contrario dei suoi colleghi di ogni segno e colore in tutto il mondo, che si battono per la difesa dell’occupazione sul territorio nazionale (non solo il noto bolscevico Obama, anche l’insospettabile Sarkozy) difendeva l’idea della delocalizzazione, invece che contrastarla: “La Fiat potrebbe andarsene dall’Italia…”. Infine c’era lei. La vera protagonista della serata, la presidente di Confidustria Emma Marcegaglia, impegnata in una passionata difesa di un’azienda che è uscita dalla Confindustria. Un altro bel paradosso, contrappuntato da questa apparentemente illogica affermazione: “Fiat e Confindustria sono sulla stessa sponda”. Ma come? Marchionne se ne va, la Confindustria esplode nel dissidio tra chi vorrebbe seguire la sua linea e in chi vuole mantenere buoni rapporti con la Cgil, e la presidentessa che dovrebbe mediare dice: “Non è vero che l’accordo lede i diritti dei lavoratori”? Di più: “Spinge gli impianti a una maggiore produttività e fa aumentare gli stessi diritti”. E aggiunge anche: “Non è corretto ciò che hanno scritto alcuni giornali, e cioè che siamo su sponde diverse”. Una tesi sostenuta con passione, anche andando incontro a qualche paradosso nel botta e risposta con Giorgio Airaudo della Fiom. Attaccava la Marcegaglia: “Voi della Fiom non firmate gli accordi!”. Rispondeva il sindacalista: “Ma come? Lo abbiamo firmato anche nella sua impresa di famiglia!”. Già, perché la Fiom ha sottoscritto un contratto con Indesit, Electrolux, Whirlpool e anche nel gruppo Marcegaglia. E allora? Perché a difendere la NewCo della Fiat c’è la presidente di un’organizzazione di cui la NewCo non fa parte? E come mai non c’è un solo uomo Fiat in tv sull’accordo, ma i sindacalisti di Cisl e Uil che teoricamente dovrebbero esserne la controparte?

Siccome tutto bisogna immaginarsi, quando si parla di Confindustria, tranne che si tratti di sprovveduti, anche questa discesa in campo della Marcegaglia a favore di Marchionne, in realtà, è frutto di una strategia raffinata. La presidente e i suoi consiglieri sono convinti che dopo il referendum, soprattutto se il Sì avesse una percentuale forte (oltre il 70 per cento) “il contratto Mirafiori” possa diventare la base programmatica su cui fondare un nuovo contratto dell’auto. Sostenere Marchionne ora, dunque, significa anche condividere con lui una eventuale vittoria, ipotecare un pezzo di futuro. E a Porta a porta la Marcegaglia, ha anche sfoderato una verve che agli uomini del Lingotto mediaticamente manca. Memorabile il passaggio in cui ha apostrofato Airaudo dicendo: “Allora voi firmate l’accordo, e noi parleremo alla Fiat!”. Frase che suonerebbe demente in bocca al leader di un’organizzazione di cui Mirafiori e Pomigliano non fanno più parte, ma che invece si spiega per una che vuole portare tutta la Confindustria sulle posizioni di Marchionne.

Il fatto che questo piano di estensione del patto fosse proprio ciò che la Fiom denunciava (quando i leader del centrosinistra spiegavano che Pomigliano era “solo un caso a sé”) è del tutto irrilevante. E che dentro Confindustria ci siano orientamenti diversi, e anche gruppi industriali insospettabili che puntano al dialogo con la Fiom lo dimostra una notizia clamorosa. Alla Lamborghini – industria motoristica controllata da Volkswagen – i dirigenti hanno trovato un accordo con i metalmeccanici della Cgil. Non solo. Hanno addirittura proposto, unilateralmente il contratto del 2008 (a cui la Fiom partecipava) piuttosto che quello del 2009 (che non ha sottoscritto). Ma la vera notizia la dà Oscar Giannino, consigliere tra i più ascoltati della Marcegaglia: “C’è un accordo riservato fra Emma e Marchionne per cui la Fiat continua a pagare le quote di adesione, visto che a Torino, il venir meno dei contributi Fiat, per la Confindustria sarebbe una bancarotta”. Come dire. Se a Mirafiori va tutto bene non è un addio, ma un arrivederci a presto, con il contratto Pomigliano-Mirafiori che diventa il prototipo di una nuova intesa.