Pansa su Libero: “90 anni fa la marcia su Roma. Cosa accade se vince estremismo”

Pubblicato il 28 Ottobre 2012 - 10:24 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Novant’anni fa le camicie nere marciavano su Roma: era il primo atto del regime Fascista. Giampaolo Pansa sul quotidiano Libero rievoca l’anniversario di quel 28 ottobre 1922 che cambiò un’epoca. Blitz quotidiano propone la lezione di Pansa come articolo del giorno. In realtà, scrive Pansa, la marcia comiciò subito dopo il primo conflitto mondiale del 1915-18. Ripercorrendo tutte le tappe che portarono al dissolvimento definitivo dello Stato liberale, Pansa ne trae una lezione storica. Prima della marcia, osserva, i fascisti avevano conquistato le campagne e favorito il suicidio della sinistra: “Ecco cosa succede quando vince l’estremismo”.

Tra il marzo e il novembre 1919 vengono congedate undici classi di leva. Un fiume immenso di uomini, molto diversi per età e condizioni sociali, ritornano a casa, ma non si sentono in pace. I soldati sopravvissuti al mattatoio delle trincee sono carichi di rabbia. Nella grande maggioranza si tratta di contadini senza terra che si ritrovano più poveri di prima.

Anche gli ufficiali di complemento, quasi tutti della piccola borghesia, hanno molti motivi per ribellarsi. Vengono sfottuti e sputacchiati. Una circolare del governo li obbliga a vestire in borghese e gli vieta di portare la pistola. I loro redditi sono mangiati dall’inflazione. Si accorgono che operai, salariati e braccianti vivono meglio e possono contare su molti difensori: le leghe, il sindacato e il Partito socialista, sempre più potente.

E dopo il malcontento dei militari, l’aggressività dei socialisti:

Il 16 novembre 1919 si tengono le elezioni per la Camera dei deputati. La campagna elettorale svela l’aggressività dei socialisti. Per chi non sventola la bandiera rossa è molto difficile tenere un comizio. Nell’area che prenderò in esame, il territorio della Lomellina, in provincia di Pavia, vengono messi a tacere liberali, popolari, agrari, combattenti.

I socialisti li bollano come lerciume borghese, clericale, guerrafondaio. La piazza ros- sa li obbliga al silenzio e alla fuga. La borghesia comincia a temere di perdere la libertà. Dice: i socialisti vogliono fare come nella Russia di Lenin. Dunque il bolscevismo va fermato prima che trasformi l’Italia in un soviet. Ma i so- cialisti diventano il primo partito: 32,4 per cento dei vo- ti e 156 deputati. La lista dei Fasci di combattimento gui- data da Mussolini non ottie- ne neppure un seggio.

Il trionfo del Psi moltiplica gli iscritti al partito: erano 23 mila nel 1918, adesso sono 87 mila. Spettacolare è la crescita dei tesserati alla Confederazione generale del lavoro: da 220 mila diventano un mi- lione e 250 mila. Sembrano truppe pronte all’attacco dello Stato monarchico.

Poi, nel 1920, nelle campagne padane emerge lo strapotere delle Leghe rosse:

associazioni sindacali di mestiere che reggono le Camere del lavoro. Chi non obbedisce alla Lega, padrone o bracciante che sia, è punito con il boicottaggio e non campa più. A volte gli ordini della Lega rossa rasentano la follia: «Il socio X.Y. sa ben poco del socialismo. Dovrà imparare a memoria questi dieci articoli dell’Avanti! e poi verrà a farsi interrogare nella sede della lega». […] A rendere più rovente il clima delle campagne, il 9 ottobre 1920 è un altro sciopero indetto per ottenere l’aumento dei salari. Le cascine ritornano sotto assedio. Ci sono sparatorie, un agricol- tore è soppresso a rivoltellate. Subito dopo, fra l’ottobre e il novembre 1920, le elezioni amministrative vedono un trionfo delle giunte comunali socialiste.

Poi la lezione di Pansa si fa regionale, parla della sua Casale Monferrato:

Il 20 novembre 1920 nasce il fascio di combattimento della mia città, Casale Monferrato. Gli iscritti sono appena tredici, a guidarli c’è un giovanotto di 25 anni, Giovanni Passerone, ex ardito nella guerra mondiale. Sarà lui il capo di una guerriglia che manderà al tappeto il potente socialismo casalese.

E così fu:

Accade quello che nessuno aveva previsto: i pochi in camicia nera hanno la meglio sui tanti in camicia rossa. Gli squadristi sono piccoli reparti a più strati. Uomini chiamati da fuori, di solito ex arditi ed ex bersaglieri. Giovani di destra che sono stati ufficiali nella guerra mondiale. E infine i giovanissimi: studenti, operai, contadini, tutti al di sotto dei vent’anni, con una determinazione quasi feroce. […]

I capilega, i sindaci, i dirigenti socialisti sono costretti a nascondersi o a fuggire. Del resto non hanno alleati. Chiedono di essere protetti da uno Stato che volevano abbattere. E dalla polizia e dai carabinieri che avevano sempre considerato una guardia bianca, al servizio della borghesia, degli industriali, degli agrari.

Morale della favola:

La sinistra si è uccisa da sola, con i propri errori. È accaduto all’inizio degli anni Venti, prima della marcia su Roma. Un suicidio che potrebbe anche ripetersi oggi, se a prevalere fosse l’estremismo.