“Intercettazioni, Costituzione e buon senso”, Michele Ainis su La Stampa

Pubblicato il 26 Maggio 2010 - 13:05 OLTRE 6 MESI FA

«L’incostituzionalità di una legge può essere provata solo quando la Consulta ci mette sopra un timbro. Prima d’allora è un semplice sospetto, o in qualche caso un dubbio. Eppure il disegno di legge sulle intercettazioni è proprio di questo che ha bisogno: un esame urgente di costituzionalità», inizia così l’analisi di Michele Ainis su intercettazioni e Costituzione, pubblicato su La Stampa, che Blitzquotidiano vi propone come articolo del giorno.

Sulla legge-bavaglio, come l’hanno definita gli oppositori Ainis riflette a partire da privacy e libertà di informazione: «A sua volta, il diritto alla privacy ci tutela contro l’invadenza dei poteri pubblici e privati: senza il dominio sulla nostra sfera intima, senza la possibilità d’appartarci fra le mura domestiche, saremmo come gli uomini narrati da Orwell, altrettante marionette del Grande Fratello. Quanto alla libertà d’informazione, non a caso la Corte Costituzionale – in una celeberrima sentenza del 1969 – l’ha definita “pietra angolare della democrazia”».

Poi chiarisce la presa di posizione dei direttori dei giornali, che hanno fatto quadrato contro la legge, togliendo ogni dubbio ai lettori che avessero percepito questo gesto come una mossa difensiva.

Infine afferma che «basterebbe evitare d’offendere il buon senso».

Il problema? Di misura: «Non c’è misura nel trattare la privacy del delinquente abituale alla pari di quella del cittadino onesto, né nel difendere la riservatezza dei politici, di cui dovremmo sapere pur qualcosa dato che ci domandano il voto. Non c’è misura in una procedura che si risolve nella processione del pm prima nello studio del procuratore, poi dinanzi al tribunale in composizione collegiale, doppia autorizzazione, doppie carte, tempi al quadrato. Infine non c’è misura – o forse ce n’è troppa – nel termine di 75 giorni per gli ascolti, anche se il giorno prima hai catturato per caso la voce di Bin Laden».