La Libia tardo-sovietica di Gheddafi, Solomon sul “The New Yorker”

Pubblicato il 15 Giugno 2010 - 12:15 OLTRE 6 MESI FA

Gheddafi

In un commento pubblicato su BlitzQuotidiano Giuseppe Giulietti mette in evidenza la incoerenza di certi politici del centrodestra che se da una parte si battono contro regimi, come quello cubano, che violano i diritti umani, dall’altra esaltano il leader libico Gheddafi che dei diritti umani certo non fa la propria bandiera. Proprio sullo stesso argomento abbiamo recuperato un interessante commento sul “The New Yorker” di Andrew Solomon dal titolo “Lettera dalla Libia: il cerchio del fuoco”.

Proprio leggendo il commento ci si rende conto di quanto l’incoerenza sia estesa. Non solo per quanto riguarda i diritti violati in Libia ma anche per il modello di Stato attuato dal colonnello Gheddafi. Silvio Berlusconi, infatti, si è sempre professato un oppositore del comunismo e del modello socialista di Stato. Ora, come possiamo vedere tutti anche alla tv, il Cavaliere è diventato grande amico del leader libico. Ma Salomon sul “The New Yorker” scriveva proprio che Gheddafi ha improntato la società libica su un “modello tardo-sovietico”. Proprio il modello contro cui Berlusconi si è sempre battuto.

«I ricavi petroliferi fanno della Libia uno dei paesi più ricchi in Africa, eppure la malnutrizione è tra i problemi di salute più diffusi. La versione di socialismo promulgato da Gheddafi è onorato, ma il paese è in preda ad una riforma del capitalismo. Un regime che ha sponsorizzato gruppi come l’I.R.A. ed è stato incolpato per l’esplosione del volo Pan Am 103 è riconosciuto un alleato nella guerra dell’America contro il terrorismo. Gheddafi consente di mantenere il movimento di riforma sotto controllo. Su alcuni punti, come per le libertà civili ed economiche, il ritmo del cambiamento è glaciale. In altri settori, come l’apertura del Paese al commercio internazionale, il cambiamento è avvenuto con una velocità sorprendente».

«Gheddafi nel 1977 scrisse il ‘Libro Verde’ in cui illustrava la Jamahiriya, ovvero la sua alternativa al capitalismo e al comunismo. Lo Stato gli ha permesso di consolidare il potere e avere protezione. Poi i ricavi del petrolio hanno reso possibili molti investimenti importanti nel settore dell’istruzione e delle infrastrutture…  L’atmosfera in Libia è tardo-sovietica: divieti, segreti, sicurezza, anche se non generalmente letali. La sorveglianza è dilagante».