2011, il meglio e il peggio: Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano

Pubblicato il 2 Gennaio 2012 - 13:58 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il ribaltone più totale consumato in soli 12 mesi. L’anno appena finito ha visto il Bunga Bunga e gli austeri professori al governo, il trionfo di De Magistris e Pisapia, la rivoluzione araba e la morte di Gheddafi, l’addio a Simoncelli e la repentina popolarità di “Er Pelliccia”. Scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano:

Dal bungabunga allo spread, dal Puttaniere al Professore, dalle olgettine travestite da infermiere e Ruby da nipote di Mubarak ai banchieri travestiti da tecnici. Il 2011 è tutto qui, un ribaltone che più totale non si può, consumato in appena 12 mesi che han cambiato l’Italia più che in 17 anni. Napolitano dice che abbiamo ritrovato l’orgoglio nazionale giusto in tempo per i 150 anni dell’unità nazionale. Ma sarà vero? E di che mai dovremmo essere orgogliosi? In queste pagine c’è quasi tutto l’ultimo anno, commentato dalle firme del Fatto.

Anzitutto il meglio: i referendum che quasi nessuno voleva; le vittorie di de Magistris e Pisapia più il boom di 5Stelle che nessuno prevedeva; la nuova tv di Santoro & C. su cui nessuno puntava (a parte 100mila cittadini sottoscrittori); la cultura dal basso al Valle e al Palazzo che nessuno si aspettava; la resistenza di studenti, lavoratori e no-Tav che nessuno si filava; la caduta di B. che nessuno più sperava. E che si porta via anche Geronzi, Ligresti, Guarguaglini e gentil consorte, Fazio (Antonio), Masi, Mora, Moggi, l’Auditel, il Bagaglino e i cinepanettoni. Ma purtroppo non Schifani.

Poi c’è tutto il peggio del 2011: i deputati all’asta e à la carte; il centrosinistra che, conoscendosi, ha paura di vincere e soprattutto di governare; il pragmatismo che diventa tangentismo dei Penati; la Lega del Trota e del dito medio; la Gelmini che cerca ancora il tunnel dei neutrini; le prove sulle trattative Stato-mafia anche sotto i governi Amato e Ciampi; la Rai che premia i flop di Vespa, Ferrara, Sgarbi e Minzo (torna, vedrete che torna), mentre tiene alla larga le Dandini e i Guzzanti; i giornali pagati da chi non li compra; le eterne logge con la P numerata (2, 3, 4); le lacrime di coccodrillo della Fornero, le risate di Marchionne e Moretti, il ghigno di caste, cricche e sacrestie; la gerontocrazia che regna dappertutto, anche nel governo dei tecnici e dei sobrii (età media 64 anni), ma non tra i faccendieri (dopo Carboni e Bisignani, largo ai giovani con Lavitola e Papa). (…)