“I neopuritani, i libertini e l’inversione dei ruoli” Pierluigi Battista sul Corriere della Sera

Pubblicato il 12 Febbraio 2011 - 11:30 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Puritani, libertini e una curiosa inversione di ruoli: il cattolicissimo Giuliano Ferrara in piazza difesa del libertino Berlusconi e la laica sinistra in piazza contro lo “stile di vita” licenzioso di Silvio Berlusconi. Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera, riflette su questo apparente rovesciamento dell’ordine “normale” delle cose. Blitzquotidiano ve lo propone come articolo del giorno.

“Silvio Berlusconi nei panni di Hester Prynne? Qualche lugubre e spietato funzionario della buoncostume culturale, epigono dei puritani descritti da Hawthorne, sta marchiando sul premier la lettera scarlatta della gogna e della vergogna? Arcore come Salem, Massachusetts: è qui che il fanatismo puritano si è trasferito per mettere al rogo le nuove streghe, ribattezzate escort? È partita la caccia al libertino impenitente. Ma un tempo c’era Don Giovanni, il seduttore indomito. Ora c’è il bunga bunga. Prima Mozart, infine la lap dance: a ogni epoca la sua colonna sonora. I ruoli si invertono, le parti si rovesciano. I paladini della rivoluzione sessuale vengono accusati di impancarsi a sacerdoti della repubblica della Virtù. E, viceversa, i custodi dei Valori tradizionali minacciati dal disordine di una modernità senza briglie si trasformano in cantori dei costumi rilassati, indulgenti con le debolezze della carne, apostoli della gioia di vivere.

Una contraddizione. Ma meno marcata di quanto appaia superficialmente. La parola chiave è appunto: puritanesimo. Diramazione ipersevera del già severissimo protestantesimo, generalmente in contrasto con la tradizionale benevolenza comprensiva del cattolicesimo, a sua volta più accondiscendente e umano con i peccatori che non sanno resistere alla tentazione. Misericordioso con i suoi confessionali incomparabilmente più miti delle requisitorie rigoriste che echeggiano terrorizzanti dai pulpiti puritani. Questo è lo schema generalmente accettato. Sia dagli emuli dei «puritani» che lamentano da secoli la mancanza in Italia di una Riforma protestante che avrebbe rimesso in regola un popolo troppo incline alle mollezze. Sia dagli «antipuritani» , che lodano l’indulgente bontà della tradizione cattolica, quella che asseconda la nostra dolcezza del vivere: quel modo così poco arcigno di governare le anime e le cose da rendere il carattere italiano tanto refrattario alle forsennatezze fondamentaliste delle società permeate di protestantesimo e puritanesimo.

Troppo facile, però. Storicamente inesatto, perché le fiamme che arrostivano i peccatori della Firenze savonaroliana, per quanto appiccate da un frate in odor di eresia, non erano così lontane dalla dittatura virtuistica impiantata nella anticattolica Ginevra di Calvino. Perché la frusta della severità si abbatteva senza pietà sui giovani virgulti che frequentavano i collegi ispirati agli insegnamenti di Santa Romana Chiesa. Perché la fiorente letteratura dei Paesi cattolico-latini ci ha raccontato in modo esauriente le piaghe emotive e spirituali scaturite dal lancinante senso del peccato instillato dalle autorità competenti. Indulgenti con i peccatori? Oscar Wilde, vittima morale della cattolicissima Irlanda, forse avrebbe qualcosa da obiettare.

Resta il fatto che, certo, i neopuritani in Italia esistono. Esistono i neogiacobini che vorrebbero esercitare d’autorità, forti di una loro presunta superiorità etica, una funzione pedagogica nei confronti del popolo volgare e sregolato, maleducato e (politicamente) licenzioso. Sì, ma i nuovi libertini dove sono? Dove trovare i peccatori dal robusto appetito, insieme intellettuale e sessuale, i grandi trasgressori che sfidano le ingiunzioni morali con un comportamento sprezzante di ogni convenzione, di ogni conformismo, di ogni imposizione, di ogni oscurantismo? Casanova si sarebbe recato in processione al Family Day? I campioni del libero amore e del libero pensiero, inoltre, quale autorità implacabile e occhiutamente repressiva dovrebbero mai sfidare? Se si guarda la faccenda dal punto di vista dei fondamentalisti che considerano l’Occidente marcio e corrotto, lo spettacolo è casomai l’opposto: una società slabbrata, svestita, liberata, sazia, succube del principio del piacere, pansessualista, indecente, svergognata, senza veli, senza punizioni, senza vincoli, senza controlli. Il libertino contemporaneo, se mai ce n’è rimasto qualcuno, è destinato alla disoccupazione. Il libertinismo di massa non è proprio il massimo della raffinatezza di chi congiunge i piaceri dello spirito con quelli della carne. Senza considerare una fondamentale differenza: dove riescono a trovare anche una parvenza di gioia di vivere, di godimento malandrino della trasgressione, nei riti raccontati dalle ragazze che dovrebbero essere le moderne Justine al servizio del nuovo presunto marchese de Sade, estremista ossessivo e compulsivo del libertinismo moderno?

Le ragazze (s) vestite da infermiere e da poliziotte: più Alvaro Vitali di Casanova. Peccati. E reati. Ma se per i peccati l’unico Giudice non ha sede competente perché dappertutto, per i reati la società ha costruito delle convenzioni generalmente molto utili per la sua stabilità: si chiamano leggi. Il tribunale morale è il prodotto dell’arbitrio e i processi celebrati in nome della Virtù sono l’anticamera del totalitarismo. La giustizia non può essere puritana. Ma anche i libertini hanno un obbligo: esibire il marchio di autenticità. Altrimenti è fiction.