“L’ex signora gnè gnè da Ballarò ai vaffa”, Antonello Caporale per il Fatto

Pubblicato il 20 Settembre 2012 - 13:57 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Blitz quotidiano vi propone oggi come articolo del giorno quello di Antonello Caporale per il Fatto Quotidiano dal titolo “L’ex signora gnè gnè da Ballarò ai vaffa”. Si parla ovviamente del presidente della Regione Lazio Renata Polverini. Caporale ne ripercorre la carriere politica e non, dagli inizi a Ballarò, fino allo scandalo del Pdl laziale e le probabili dimissioni.

Renata Polverini nacque a Ballarò un martedì sera di pochi anni fa e lì risiedette per circa 19 puntate, quasi consecutive. Era piaciuta subito al conduttore Giovanni Floris per la capacità di assumere nel dibattito la postura della signora gnè-gnè: gnè con quello e gnè con quell’altro. Pur essendo di destra infatti, e pur essendo sindacalista, Renata Polverini rifiutava gli opposti e si rifugiava al centro del problema: “Guardiamo al problema seriamente e serenamente” diceva. Serenamente affrontava la discussione e serenamente dava ragione a quello e pure a quell’altro, e un poco però la negava anche. Pur essendo segretaria del sindacato Ugl, l’Unione generale dei lavoratori figlia della più rocciosa Cisnal, categoria disimpatizzanti del Ventennio. Renata era donna innanzitutto, e garantiva una voce non ideologica. E poi aveva il pregio di possedere piccole opinioni su ogni grande questione. E si faceva trovare sempre in mezzo, gnè con te e gnè con te, a al centro del centro della tavola rotonda televisiva.

Avanzò impetuosa e condusse alla curiosità altri colleghi della Rai. Milena Gabanelli, titolare di Report, iniziò a fare i conti in tasca alla sindacalista. Sindacalista di che? In effetti a Report notarono una lieve discrasia tra gli iscritti denunciati e quelli accertati. 66mila pensionati accertati contro i 558mila dichiarati. E 44mila dipendenti pubblici contro i 171mila dichiarati. Come sapete i sindacati hanno un grande bisogno di tesserati. Più ne hanno e più potere conquistano. Renata pur essendo diplomata ragioniera e quindi sapendo benissimo far di conto, non volle replicare: “Sono cose che non posso rivelare” disse al primo giornalista che chiese lumi. Al secondo spiegò (14 gennaio 2010): “I numeri di tutti gli altri sindacati sarebbero veri e i nostri no?”.

Anche qui confermò la filosofia gnè-gnè: non ammise come falsi quei dati, ma non li asseverò come veri. Si tenne a galla nel mezzo, area in cui la verità può anche ritenersi sospesa e la realtà tingersi di grigio. Né bianca e né nera.

Una signora benpensante ed educata. Anche sorridente. Anche ben vestita. Una donna gradevole. Piacque perciò a Silvio Berlusconi che approvò la candidatura alle regionali e la benedisse. L’imposizione della spada della libertà avvenne in una non memorabile giornata romana, a palazzo Grazioli. Non ci fu molto pathos, ma comunque Renata incassò la scelta: lei contro Emma Bonino.

Non era una passeggiata, ma la donna, abituata alle marce e ai comizi, diede presto prova di essere una grande combattente e non perse un giro, una piazza, un incontro. Attraversò teatrini e pizzerie, viaggiò in Ciociaria e nel Viterbese.

INCONTRÒ volti belli e anche brutti. E abbracciò pure la pancia di Fiorito, oggi noto come er Batman, ma ieri solo sindacone di Anagni, re della porchetta e dei santini elettorali. La competizione elettorale fu incandescente e benché a corto di Pdl (simbolo perduto nel collegio di Roma) riuscì, anche grazie alla forza berlusconiana, a vincere.

Donna di popolo, tracannò una birra in bottiglia per gustare il sapore fresco nel giorno della avventurosa vittoria. Quella bevuta consegnò ai fotografi l’altra metà della Polverini. Al sereno della tv contrappose, infatti, presto una capacità oratoria e anche una flessibilità linguistica notevoli. Diede prova di questa sua inclinazione nello storico discorso – detto della “zecca” – di Genzano (anno 2011, 26 maggio). Chiamata al palco e vistasi oggetto di un temerario attacco verbale di isolati contestatori ambientalisti, (sicuramente noti sia alle forze dell’ordine che al circuito estremo dei facinorosi comunisti laziali) replicò connettendosi lessicalmente a quel mondo di esclusi: “Me faccio mette paura da una zecca come te? Si mi ascoltate bene, sennò fate come cazzo ve pare”. La folla la osannò, e il comizio si chiuse in un miracolo di abbracci circolari. Finalmente una donna con le palle! “E che cazzo”, aveva anche detto al microfono.

Era proprio forte Renata. Ma la sua figura riuscì presto ad alternare i toni diretti e maschi ad altri più affettuosi e miti. Quando il Popolo della libertà dovette recuperare un rapporto con la Lega di Bossi, e Roma ladrona con gli irredentisti di Gemonio, fu convocata insieme ad Alemanno, sindaco della città eterna, a piazza Montecitorio al cospetto del senatùr. Renata scelse tra mille parole un gesto simbolico per suggellare la distensione: impugnò una forchetta la mise a caccia di gustosi rigatoni all’amatriciana e la cacciò in bocca all’Umberto, come una sorella farebbe col congiunto in difficoltà.

Era ottima l’amatriciana, perché il leader padano mangiò tutti i rigatoni e poi una piccola colonna di sugo, scivolata dalla bocca, si distese sulla camicia. Tocco di rosso di sfondo verde: magma impressionista. Con quel gesto Re-nata aveva riconquistato la Lega alla causa di Roma.

Abbiamo detto di lei che è forte quando è il caso, e pure decisa, intransigente. Così, durante una drammatica seduta del piano casa, disse ai consiglieri regionali riuniti: “Siete al servizio di Berlusconi, siete berlusconiani!”.

Lei no, era gnè-gnè. Infatti la sporcizia di queste ultime ore, festini e ostriche (e altro) l’ha vista stupìta e addolorata. Di bianco vestita si è presentata in consiglio regionale dichiarando la sua personale vergogna e ponendo l’aut aut: o tagliamo le prebende oppure addio, mi dimetto. Forse si dimette veramente. Ma la sua carriera non è finita: la aspettano all’Udc, il partito gnè-gnè per eccellenza.