DECLINO DELL’OCCIDENTE? ACCENDETE LA FIAMMELLA DEL DUBBIO

Pubblicato il 13 Ottobre 2008 - 07:54 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera pubblica un commento di Gianni Riotta sulle conseguenze della crisi in atto per l’Occidente intitolato ”Occidente, non e’ ancora mezzanotte”. Lo riportiamo di seguito:

”L’apologo sta facendo il giro del mondo. Il vice primo ministro cinese Wang Qishan apre una riunione con dignitari americani e non resiste al sarcasmo «Mi pare che voi maestri abbiate parecchi problemi eh?». Come non dargli ragione? Le borse a rotoli, due guerre impopolari, il sogno americano nella polvere. L’idea di mercato e democrazia come guida verso sviluppo e tolleranza irrisa da Chávez e Chomsky, da Le Monde Diplomatique e dal regista Michael Moore. La crisi delle Borse porta pensatori apocalittici come Toni Negri a gongolare per la vittoria della «moltitudine» sull’ «Imperium», e analisti raziocinanti come Barbara Spinelli e Sergio Romano all’amara constatazione: un’era è finita, la débâcle è morale, economica, geopolitica e culturale. Aveva ragione Paul Kennedy, «fine dell’impero americano», ha ragione Fareed Zakaria, «viviamo nel mondo postamericano ». Non hanno forse stabilito i saggi dell’Accademia del Nobel che non si possono premiare gli scrittori americani perché spacciatori di «chiacchiericcio e mass media»? Meglio laureare il Carneade Le Clézio e in bocca al lupo a chi di voi deciderà di dargli un’occhiata.

Se il declino americano è assodato, quello dell’Occidente seguirà da presso, l’Europa non ha fatto in tempo a scendere dal Titanic Usa, affondato da avidità e consumismo, hedge fund, McDonald’s, Bush e Internet. Perché Putin scivola verso l’autoritarismo? Per colpa degli americani che accerchiano Mosca, assicura lo spaesato Gorbaciov. Gli investimenti a pioggia seguiti alla caduta del Muro, il seggio nel G8, gli sforzi di cervelli come Jeffrey Sachs, perfino la stolta omertà sullo sterminio in Cecenia? Tutto dimenticato.

Non c’è dubbio che queste sconsolate conclusioni abbiano elementi di giudizio. Se però, in tempi di buio pesto, accendiamo la fiammella del dubbio (Brecht ne predicava l’elogio) dobbiamo ricordare che spesso la Storia è capace di ribaltare i giudizi del presente, dai più ameni ai più dispeptici. E’ vero: il presidente George Walker Bush gode oggi solo del 22% dei favori nei sondaggi, e quando ho detto al mio amico Charles Kupchan, ex consigliere di Clinton, di ritenerlo il peggiore del XX secolo, Charles mi ha obiettato «Perché non di sempre?». Ma, attenti, anche Harry Truman chiuse nel 1952 con 80 americani contro ogni 100 e oggi è ricordato come uno dei grandi presidenti.

Certo la storia dovrà essere assai contorta per vendicare gli errori di Bush junior, ma già la copertina della rivista Foreign Policy, non certo covo di conservatori, annuncia «Il cow boy vi mancherà», ipotizzando che l’ottimo rapporto con Cina e India, la pressione sull’Iran e il nuovo Iraq saranno punti a favore di George W.

Sarà così? Dubito, ma son certo che le previsioni di declino occidentale, il jingle geopolitico del 2008, sono infondate. Oswald Spengler coniò lo slogan nel 1918 con il best seller omonimo Il tramonto dell’Occidente e cinque anni prima Luigi Pirandello aveva deprecato nel suo capolavoro politico I vecchi e i giovani la fine della democrazia. Il mondo a venire, certo, non avrà più gli occidentali nel ruolo di unico leader, ma è un processo cominciato già dopo la Seconda guerra mondiale, quando Cina, India e Africa si sottraggono al dominio coloniale. Simone Weil trovò, trionfo del paradosso, che per gli asiatici la caduta di Parigi sotto Hitler fosse un buon giorno, finalmente potevano liberarsi dal giogo francese. Attenti ai paradossi, anche se vergati da raffinate autrici: la caduta di Parigi fu tragedia assoluta e se Hitler non fosse stato battuto non ci sarebbe stata «libertà» in Asia, ma schiavitù sotto la sferza giapponese. La Conferenza di Bandung già nel 1955 preconizzò, per l’entusiasmo del Che Guevara, una leadership «senza uomini bianchi». Non ne venne il Paradiso, ma dolori e massacri per i Paesi poveri. A liberare le masse indiane e cinesi dalla fame è il deprecato mercato: guardate alle cartine commerciali, nei distretti dove c’è accesso ai commerci la miseria è stata battuta, resiste in quelli che ne sono esclusi. Deng Xiao Ping è un eroe del XX secolo.

È bene dunque che gli americani, come promettono di fare i senatori Obama e McCain, si liberino dall’arroganza che tanti danni ha fatto. È bene che l’Occidente rinunci agli egoismi che seminano sconfitte, vedi i sussidi all’agricoltura che affamano l’Africa. È l’ora di aprire il G8 a Cina, India, Brasile. È ridicolo che tra Fondo Monetario e Banca Mondiale il Lussemburgo conti quanto la Cina. Ma è ridicolo anche che l’Unione Europea non sappia darsi un seggio unico al Consiglio di Sicurezza Onu, né una Costituzione, né un piano comune davanti al crac.

Sono i vizi dell’Occidente, Usa in primis Europa seconda, a trascinarci nel gorgo economico ed etico. Non saranno tuttavia la claustrofobia protezionista, o le dittature soft alla Putin, Pechino e Chávez, a riavviare la prosperità. Tolleranza, iniziativa, libertà individuale, democrazia, libero scambio sono le virtù che ci tireranno fuori dal caos. Chi riluttasse ad abbracciarle perché troppo «americane», «occidentali», troppo «fardello dell’uomo bianco» alla Kipling, rilegga il premio Nobel Amartya Sen: sono virtù antiche, diffuse e praticate anche nel «Terzo Mondo » da secoli. Non sono valori «americani », né «occidentali», sono patrimonio dell’umanità e se le spegniamo ci sono le tenebre”.