Eternit. Al maxiprocesso si parla di Bagnoli, almeno 570 gli operai colpiti

Pubblicato il 14 Giugno 2010 - 13:37| Aggiornato il 13 Agosto 2010 OLTRE 6 MESI FA

E’ lo stabilimento di Bagnoli a Napoli l’oggetto dell’udienza del maxiprocesso Eternit a Torino di lunedì 14 giugno. Nella filiale partenopea della multinazionale dell’amianto, attiva a partire dalla fine degli anni Trenta, si sono verificati, secondo i dati raccolti dalla polizia giudiziaria, non meno di 573 casi di operai colpiti da malattie provocata dal contatto con il minerale nocivo; di questi i morti sono ormai più di 430 e il loro numero è destinato a salire. Due ex operai dell’Eternit hanno rievocato le condizioni in cui hanno lavorato.

«Già dal 1961 si sapeva che l’amianto provocava malattie mortali. Quando nel ’65 io e mia madre andammo dal capo del personale a lamentarci perché mio padre era morto per la polvere, il capo disse a mia madre:  “Non fate confusione, alla prima assunzione prendiamo vostro figlio”». È la testimonianza di Luigi Falco, ex operaio nello stabilimento di Bagnoli (Na), che ha raccontato la sua esperienza in fabbrica dal ’69 al 1985 e anche la morte del proprio padre che era stato dipendente nella stessa fabbrica.

«Anche io venni visitato nel 1982 – racconta il teste – e videro che avevo qualcosa nei polmoni. Mi dissero che era solo bronchite. In realtà era asbestosi. Ma l’Inail non ci riconosceva. Solo il centro antitubercolosi di Napoli iniziò a far emergere le prime malattie. Ma per molto tempo a Napoli ci dicevano che non avevamo nulla, a Pavia invece che avevamo l’asbestosi». Falco ha anche raccontato che ogni giorno «svuotavo 70 chili di amianto blu prendendolo con le mani». «C’era una polvere enorme – ha spiegato – le mascherine non bastavano per tutti, così ci coprivamo con dei fazzoletti».

Falco ha anche confermato che gli scarti dell’amianto venivano venduti a esterni o a operai. «I sacchi venivano venduti a 35mila lire al chilo – ha precisato l’ex operaio – per comprarli si parlava col capoturno. Si pagava in direzione. Lo sapevano tutti».