IRAN: 29 IMPICCAGIONI IN UN SOLO GIORNO

Pubblicato il 27 Luglio 2008 - 23:38 OLTRE 6 MESI FA

Iran_forche Nella prigione di Evin, la più famosa di Teheran, sono stati impiccati 29 criminali. Tutti insieme, ma non pubblicamente come accadeva fino a qualche mese fa, quando gli impiccati venivano appesi in piazza ai ganci delle gru che si usano in edilizia oppure alle benne dei caterpillar. Tutti erano pericolosi criminali, condannati per traffico di droga, omicidi, furti e violenze: eppure da anni non avveniva che un numero così grande di esecuzioni venisse eseguito nella stessa giornata. Un’esecuzione annunciata e celebrata dai mass media in maniera martellante.

Le esecuzioni sono uno dei segnali ricorrenti del governo iraniano, che combatte una guerra senza sosta con una criminalità assai potente, ma che da mesi ha deciso di farlo nella maniera più brutale possibile. Usando le impiccagioni come strumento deterrente contro la criminalità, ma anche di vera e propria propaganda politica. "I 29 che sono stati giustiziati stamattina erano accusati di traffico di stupefacenti su larga scala, criminalità organizzata, omicidi e rapine", diceva alla radio il procuratore di Teheran Saeed Mortazavi: "Vogliamo far diventare Teheran il posto più pericoloso del mondo per trafficanti, malfattori e violenti".

Secondo "Nessuno tocchi Caino" l’Iran è secondo solo alla Cina in quanto ad esecuzioni in un anno (355 contro 5000 nel 2007), ma la Cina ha quasi due miliardi di abitanti e l’Iran va verso gli 80 milioni. La ong italiana, che all’Onu si è battuta per l’approvazione di una moratoria universale contro la pena di morte, ieri è tornata a chiedere l’impegno di tutti i governi della Ue contro le esecuzioni in Iran: "Ancora pochi sono pronti a lavorare per impedire la minaccia quotidiana praticata dal regime di Teheran nei confronti del suo stesso popolo".

L’escalation delle esecuzioni nel 2007, un terzo in più del 2006, non rallenta di fronte alla pressione della criminalità, che soprattutto nelle regioni dell’Est e del Sud del paese mette in campo bande di miliziani che combattono la polizia in scontri aperti, uccidono e sequestrano poliziotti e militari. Il fatto è che la lotta alla criminalità è diventata intimamente legata al messaggio politico che il governo iraniano fa passare ai suoi cittadini; gli impiccati diventano indirettamente un monito a tutti i cittadini, più che un avvertimento solo agli altri criminali.

Una scelta che il regime fa proprio mentre è impegnato, nel suo interno, a gestire lo scontro con la comunità internazionale sul programma nucleare. Da tempo ci sono voci di divisione all’interno del regime iraniano sul modo in cui continuare il braccio di ferro con l’Occidente sul nucleare. La decisione finale spetta alla guida suprema, l’ayatollah Khamenei; ma tra il gruppo che fa capo al presidente Mahmud Ahmadinejad e al negoziatore nucleare Said Jalili e quello che invece fa riferimento all’ex ministro degli Esteri Ali Akbar Velayati, al ministro attuale Manouchehr Mottaki e al presidente del parlamento Ali Larijani, è in corso un forte braccio di ferro.

Uno scontro rivolto innanzitutto all’interno del sistema. Lo stesso avviene per le condanne a morte: sono le diverse fasi nello scontro interno che inducono l’apparato giudiziario ad accelerare o meno sulle esecuzioni. La lotta alla criminalità qualche volta diventa un fattore secondario.