Beppe Grillo, clandestini, M5S e Quirinale: genesi di un anatema stile Lega

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 11 Ottobre 2013 - 11:47 OLTRE 6 MESI FA
M5S. Clandestini: il no al reato presentato al Quirinale, Grillo sempre "leghista"

M5S. Clandestini: il no al reato presentato al Quirinale, Grillo sempre “leghista”

ROMA – M5S. Clandestini: il no al reato presentato al Quirinale, Grillo sempre “leghista”.

Beppe Grillo, alle 11 del 10 ottobre, sconfessa sul blog l’emendamento dei suoi due senatori che al Senato abolisce il reato di clandestinità, derubricato a semplice illecito amministrativo, per cui non è previsto l’arresto.

Non sa, finge di non sapere, che lo stesso provvedimento è inserito nel pacchetto soluzione del problema carceri presentato il giorno prima da una delegazione 5 Stelle (delegazione che si immagina rappresenti il Movimento) direttamente al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, tanto che i media drizzano le antenne scommettendo su una nuova occupazione dei tetti, stavolta del Quirinale.

Non sa, Grillo, che il pacchetto vuole essere una risposta rapida  dei 5 Stelle al tema del sovrappopolamento carcerario che, con una drastica riduzione dei reati (a partire da quello di clandestinità) vanificherebbe il ricorso ad indulti o amnistie, dietro le quali scorgono l’ennesimo tentativo di salvare Berlusconi dalla sentenza che lo attende.

La spaccatura, tra i parlamentari e nell’elettorato, è una contraddizione viva, che esplode fragorosa quando i leader, la coppia Casaleggio-Grillo, usano le armi pesanti per sconfessare le deliberazioni del partito. Quella nell’elettorato riflette gli umori generali. Un veloce sondaggio tra i lettori della Stampa offre l’immagine di una mela spaccata a metà (il 51% è contrario all’abolizione del reato).

Nei commenti al post di Grillo, la piazza virtuale dei 5 Stelle si divide ma fino a certo punto: la predicazione grillina, almeno dal 2006, ha assecondato, senza scrupoli di correttezza politica, la diffidenza, se non l’ostilità, diffusa contro la presenza degli stranieri, facendo leva sull’insicurezza generata dalla crisi. Elisabetta Gualmini, sempre su La Stampa, ripercorre la parabola di Grillo alla luce degli slogan e delle parole d’ordine che sul tema non si distingue troppo dai toni leghisti o da quelli di una Marine Le Pen che, al momento, ha il gradimento di un francese su quattro.

Nel 2006 mentre sparava contro il ministro Ferrero diceva: «Non è vero che gli italiani non vogliono più̀ fare “certi lavori”. Ragazzi e ragazze accetterebbero di corsa quei “certi lavori”, ma in condizioni di sicurezza e con uno stipendio dignitoso. I flussi migratori vanno gestiti all’origine. Non (bisogna) importare schiavi e instabilità̀ sociale».

Un anno dopo, mentre se la prendeva con gli ingressi selvaggi dei rom in Italia, aggiungeva: «Ricevo ogni giorno centinaia di lettere sui rom. È un vulcano, una bomba a tempo. Va disinnescata. Si poteva fare un serio controllo degli ingressi. Ma non è stato fatto nulla. Chi paga per questa insicurezza sono i più̀ deboli, gli anziani, chi vive nelle periferie, nelle case popolari».

Dopo gli incidenti di Rosarno, Grillo ci torna sopra: «Cosa ci fanno più̀ di diecimila immigrati irregolari nelle campagne calabresi? Pagate gli italiani il giusto e ci sarebbe la fila di calabresi disoccupati per prendere il loro posto. Gli immigrati sono uno strumento di distrazione di massa usato dai partiti. La Lega e il Pdl vivono dell’uomo nero.

Il Pdmenoelle del buonismo a spese delle fasce più̀ deboli della popolazione che vivono a diretto contatto con gli emigrati e si disputano le risorse.» Un messaggio che culmina nella primavera scorsa nel post a tinte chiaramente razziste «Kabobo d’Italia» in cui gli immigrati sono considerati tutti uguali (e cioè tutti delinquenti).

La posta in gioco, ben presente nei calcoli politici di Grillo e soprattutto di Casaleggio, sono i voti, la “paura” dello straniero è merce che tira al mercato elettorale. Come ricucire, adesso, con quelli che solennemente un minuto prima hanno dichiarato che “non lasceremo più morire nessuno in maniera inumana, ci sarà più sicurezza, più legalità e più umanità”? Come recuperare alla causa chi, come Bucarella e Cioffi, i firmatari dell’emendamento, considera il reato di clandestinità un assurdo giuridico che perfino il sindacato di destra della Polizia voleva eliminare già nel 2008?

Per ora è stata invocata una maggiore collegialità, quello che non è scritto nero su bianco sul programma si discute: eventualmente, poi, ci si conta, magari con un referendum online. Insomma si tratta di un problema di metodo. Difficile però che sugli immigrati si arrivi alla conta: un partito spaccato diventa un problema politico, altro che metodo. Ma la sortita di Grillo rivela un’impostazione tattica abbastanza scoperta: il governo delle larghe intese va, perché la barra si è spostata un po’ a sinistra, campo aperto c’è di là, a destra. Stefano Folli sul Sole 24 Ore commenta la virata:

La curvatura a destra dei Cinque Stelle è abbastanza evidente e nessuno si meraviglierebbe se altri temi sul genere “legge e ordine” troveranno posto nel bagaglio dialettico del capo. Il che comporta, è comprensibile, forti frizioni interne e magari qualche ulteriore defezione dai gruppi parlamentari. Ma l’intuizione di fondo non è sbagliata. L’anti-politica grillina deve evolvere in qualcosa di diverso rispetto il recente passato, pena l’effetto saturazione. E poiché il baricentro delle larghe intese scivola a sinistra, ecco che Grillo, seguendo il proprio istinto, finisce per occupare uno spazio a destra. Sull’immigrazione e su altro.

Nel frattempo, a proposito di assurdità, il professor Becchi, sul blog di Grillo, ha chiesto l’impeachment per Napolitano. È lo stesso Napolitano cui ieri i suoi colleghi di partito avevano presentato il piano carceri con l’abolizione del reato di clandestinità?