Berlusconi, la sfida: domiciliari e servizi sociali no, vado in carcere

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Agosto 2013 - 08:20 OLTRE 6 MESI FA
Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

ROMA – Andare in carcere e dire no a tutte le possibili forme alternative di detenzione. Sarebbe questo il piano di Silvio Berlusconi esposto a Renato Schifani e Renato Brunetta dopo l’incontro dei due capigruppo con Giorgio Napolitano.

A scriverlo, sul Corriere della Sera, è Tommaso Labate in un retroscena che descrive le reazioni a Palazzo Grazioli dopo l’incontro Napolitano-Pdl al Quirinale.  Il presidente della Repubblica avrebbe risposto con una serie di no alle richieste di Brunetta e Schifani e a quel punto Berlusconi avrebbe ribadito la sua linea: domiciliari no, servizi sociali men che meno, piuttosto carcere.

Non che la decisione sia presa, anzi. Scrive Labate:

Visto che «le colombe», da Gianni Letta ai ministri, continuano a sostenere che l’unica (stretta) via per un qualsiasi provvedimento di clemenza passa attraverso un suo «primo passo», ecco che – per la prima volta – l’ex premier l’avrebbe individuato, quel «passo». Varcare il portone di San Vittore e, da lì, condurre il gioco da una diversa posizione. Anche nei confronti del Pd che, in caso contrario, avrebbe difficoltà a spiegare al suo elettorato l’eventuale voto favorevole su un provvedimento salva-Berlusconi. Che sia l’amnistia o un emendamento da inserire in una qualsiasi legge sulla giustizia. Ma visto che questa non è una semplice partita a scacchi, e che la «mossa» comporta dei sacrifici umani e affettivi, Berlusconi non s’è limitato a confidarsi col partito. No. Dell’ipotesi di pretendere la galera, rifiutando le pene alternative, il Cavaliere avrebbe già parlato con tutti i figli. Dalla primogenita Marina, che il diretto interessato continua a «proteggere» rispetto al pressing di chi la vorrebbe in campo subito, all’ultimogenito Luigi. Senza dimenticare, la tormentata opera di convincimento che sta facendo nei confronti della fidanzata Francesca Pascale, che domenica sera era talmente provata che ha evitato di farsi vedere dai ministri arrivati per la cena.

Ma i dubbi per Berlusconi restano. Come resta, sempre secondo Labate, la tentazione di alzare i toni e arrivare allo scontro totale. Perché dopo una cena più modesta del solito in quel di palazzo Grazioli, Berlusconi avrebbe ventilato l’ipotesi della controffensiva.

A questo punto vado in tv, torno in piazza, parlo al Paese…». E ci vuole ancora l’intervento di Letta per placare la situazione e invitare tutti «a essere equilibrati». 
Un canovaccio che l’ex premier, adesso, associa però alla scelta di andare in galera. Su cui, a sentire i suoi, influirebbe anche un raffronto tra la sua situazione attuale e quella dei leader finiti nel ’92-’93 nella tenaglia di Mani Pulite. «Io ho ragione, non sono un criminale né un evasore», è il ritornello che ha ripetuto anche ieri pomeriggio. A cui, però, Berlusconi avrebbe dato un finale diverso. «A differenza di altri politici finiti nel mirino della magistratura, io posso andare per strada e vedere la gente che mi acclama e applaude. A me la gente non…». Ed è qui, insomma, che secondo più testimoni avrebbe lasciato la frase a metà. Forse per non evocare il lancio di monetine di cui fu vittima, vent’anni fa, il suo vecchio amico Bettino Craxi