“Da Papi a “amò”, la neolingua di Arcore”. Filippo Ceccarelli su Repubblica

Pubblicato il 19 Gennaio 2011 - 11:10 OLTRE 6 MESI FA

Ruby in azione

Le intercettazioni del caso-Ruby regalano, come spesso è successo di recente in questi casi, uno spaccato di costume. Filippo Ceccarelli su Repubblica ha individuato nei dialoghi fra le ragazze di Arcore i germi di una nuova lingua: il “bungalese”. La sua analisi filologica della “corte” di Silvio Berlusconi ve la proponiamo come articolo del giorno.

“Tesorino”, “un bacino”, “un attimino”, “troia”, “zoccola”, “puttana”: e allora vai con il “bungalese”, ovvero con la lingua del bunga bunga e del mondo che gira intorno ai festini di Arcore, altrimenti detti wild parties dalla diplomazia americana. Che poi in realtà sono selvaggi per quello che s’intravede in termini di logistica, di reclutamento delle ospiti, di intrighi preventivi e di recrudescenze cortigiane.

[…] Il bungalese è una koinè equivoca figlia di questo tempo abbastanza sciagurato. Tiene insieme e reca in dote al paziente lettore delle 389 pagine una miriade di infantilismi e giovanilismi debitamente contaminati dalla cultura televisiva e dal cinepanettone. Quando Fede e Mora brigano sulla lista delle ospiti, per non farsi capire, le appellano: “programmi”, “quei due programmi sono spaventosi, ma chi li ha portati?”.

Le giovani donne tra loro si chiamano “amore”, spesso abbreviato in “amo” e “amo’”; dicono “hey!”, “uau”, “okkey”, “punto”, “raga” (esortativo per “ragazzi/e”), “al top”, “della serie” e soprattutto dicono “ti adoro” – anche quando si capisce benissimo che non adorano che se stesse. Tutto suona sempre enfatico. Alla più semplice delle domande – come stai? – la risposta è spesso estrema: “Sto da dio” o “Sto alla canna del gas”. Lele ha l'”attimino” facile, e anche il vanzinianissimo “qualcosina”. Fede è espressivo come nel suo tg, solo che tira continuamente in ballo la Madonna. [continua…]