Processo Ruby, il giorno della sentenza “bunga bunga”. Berlusconi rischia 6 anni

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Giugno 2013 - 09:33 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi

Silvio Berlusconi (foto Ansa)

MILANO – L’ultimo giorno di Aula, poi la camera del Consiglio e quindi il verdetto di primo grado. Il processo Ruby, quello che vede l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi alla sbarra con le accuse di prostituzione minorile e concussione, è alle battute conclusive. Già lunedì 24 giugno, infatti, i giudici di Milano si riuniranno per emettere la sentenza. Nei confronti di Berlusconi i pm hanno chiesto una condanna a 6 anni di carcere, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la proibizione ad assumere incarichi in strutture frequentate abitualmente da minori.

Ma l’entità della condanna, ovviamente, dipenderà dalla decisione: Berlusconi potrebbe essere condannato per entrambi i reati, assolto con formula piena oppure condannato per uno solo dei due fatti contestati.

In Aula, oggi 24 giugno, Berlusconi non sarà presente mentre ci sarà il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati. La difesa, in extremis, ha prodotto un’ultima mossa: un memoriale  di 7 cartelle, redatto insieme agli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo. La difesa chiede l’assoluzione piena di Berlusconi, o in subordine, il trasferimento di tutti gli atti e del processo alla procura di Monza che, a loro giudizio, sarebbe quella competente a livello territoriale per giudicare Berlusconi. Ma, stando a quanto scrive il Corriere della Sera, Berlusconi e i suoi sarebbero pessimisti sull’esito del processo. Una valutazione figlia forse anche del pronunciamento della Corte Costituzionale che la scorsa settimana ha respinto l’istanza del Cavaliere per il legittimo impedimento al processo Mediaset. 

A Milano, intanto, oggi ci saranno le tv di tutto il mondo. Tutti in diretta per conoscere l’esito del primo capitolo giudiziario di una vicenda che all’estero è nota soprattutto per due aspetti: il bunga bunga e la questione della “nipote di Mubarak”, ovvero il motivo per cui Ruby, secondo la difesa, avrebbe ottenuto “l’ingresso” ad Arcore.

Accusa e difesa a confronto.  Sono diametralmente opposte le tesi di accusa e difesa al processo sul caso Ruby. Versioni che corrono su due binari chemai si incrociano e che non hanno nemmeno un punto, anche minuscolo, in comune. A confronto c’e’ il bianco e il nero senza alcuna sfumatura sulla descrizione delle serate ad Arcore e sullo scopo della telefonata che il leader Pdl fece ai funzionari della Questura nella ormai nota notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010.

La Procura di Milano, infatti,  è convinta che a Villa San Martino c’era un ”sistema prostitutivo organizzato” da Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti per soddisfare con tante ragazze il ”piacere sessuale” dell’ex premier. Ragazze tra cui anche la giovane marocchina non ancora maggiorenne e ritenuta parte offesa assieme ad altre 32. Non così per la difesa: nella residenza del Cavaliere andavano in scena ”cene eleganti e normali’‘, dove si parlava di calcio, politica o gossip, e mai si è assistito a ”toccamenti o spogliarelli”, come sostiene l’accusa.

Per i pm, inoltre, della minore età di Ruby ne erano a conoscenza Fede, che la portò ad Arcore, ma anche Minetti e altre persone ”dell’entourage di Berlusconi”. E di conseguenza anche l’ex premier sapeva che la marocchina, come lei stessa aveva in un primo momento dichiarato agli inquirenti, aveva 17 anni. Proprio per evitare che venissero alla luce i suoi rapporti con la ragazza e quello che avveniva ad Arcore, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, Berlusconi avrebbe fatto ”pressioni” sui funzionari della Questura per ottenere il rilascio di Ruby, quando venne fermata e trattenuta negli uffici di via Fatebenefratelli.

Il Cavaliere,  invece, ha più volte ripetuto di non aver ”mai avuto rapporti intimi”, che anche lei ha sempre negato. Il Cavaliere, inoltre, ha spiegato in piu’ occasioni di non essere mai stato a conoscenza della vera eta’ di Karima El Marough e di averla scoperta solo dopo l’episodio della Questura. E questo perché la ragazza, a dire del Cavaliere, raccontava a tutti di avere ”24 anni” e di essere la nipote di Mubarak. Così Berlusconi, sempre stando alla sua versione, sarebbe intervenuto telefonando ai funzionari di polizia per evitare un ”incidente diplomatico” e non come ritengono i pm per ‘coprire’ le presunte feste a luci rosse.

E, per dimostrare tutto ciò, la Procura si è  basata su intercettazioni, tabulati telefonici, prove documentali come quelle che attestano i bonifici arrivati alle ragazze dal conto di Berlusconi e, in più, ha portato in aula le testimonianze chiave delle cosiddette  pentite del bunga-bunga e del pm minorile Anna Maria Fiorillo.

La difesa invece, non solo ha valorizzato, oltre a quella di Ruby, le deposizioni del capo di Gabinetto della Questura Piero Ostuni e dell’ allora commissario di ps Giorgia Iafrate, ma anche le dichiarazioni di molte ‘fedelissime’ che ancora ricevono 2.500 euro al mese dall’ex premier, di alcuni personaggi del suo entourage e del suo partito come le ex ministre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini