ROMA – Boris Johnson, chiamatelo… “Borisconi”. Parola del suo vice. Per capire cosa resta del mito berlusconiano è consigliabile dare un’occhiata dall’esterno, meglio se da fuori i confini europei, da quella Gran Bretagna post Brexit che, quanto a coerenza e capacità di visione della sua classe dirigente, non avrebbe però nulla da invidiare alle più grottesche performance internazionali del Nostro.
Il nuovo primo ministro Theresa May, dopo aver resuscitato Boris Johnson consegnandogli le chiavi del Foreign Office, gli ha messo un cane da guardia alle calcagna nella persona di Sir Alan Duncan, nominato Minister of State at the Foreign and Commonwealth, in pratica il suo vice.
Sir Alan Duncan, solo pochi giorni fa, nel bel mezzo della crisi seguita all’inopinata consultazione referendaria sfuggita di mano al Governo Cameron, aveva sparato a zero contro Boris Johnson, sollecitando i colleghi Tories a non considerare nemmeno la possibilità di eleggerlo a capo del partito e del governo descrivendolo come un “Silvio Borisconi”. Costringendo i media a spiegare “Perché ora il Regno Unito è ufficialmente più pazzo dell’Italia”.
“Borisconi”, crasi ironica e comprensibilissima anche sull’isola laddove denunciava la tendenza di Johnson – istrionico, mentitore seriale, provocatore per vocazione – a utilizzare “le comiche e teatrali buffonate” per cui Silvio Berlusconi si è fatto una reputazione presso ogni cancelleria. Berlusconi, quello vero, voleva far ridere e ci è riuscito (qualcuno ha dimenticato le risatine killer di Sarkozy e Merkel con cui lo hanno accompagnato all’uscita?).
La futura premier Theresa May rise di gusto allora di Boris Johnson. Poi lo ha ripescato. Infine lo ha commissariato. Berlusconi ha fatto scuola, ma i suoi allievi hanno poco da fare gli spiritosi. Rideva May, rideva Cameron quando si è auto-defenestrato, ride sempre Johnson, fa battute Duncan, ridono di noi gli inglesi supponendosi superiori al nostro lato Berlusconi: fino a quando l’ennesima gaffe non li seppellirà…