Burocrazia, male d’Italia: blocca 20 mila posti di lavoro con i suoi cavilli

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 7 Dicembre 2018 - 06:58 OLTRE 6 MESI FA
Burocrazia, male d'Italia: blocca 20 mila posti di lavoro con i suoi cavilli (nella foto: Giuseppe Turani

Burocrazia, male d’Italia: blocca 20 mila posti di lavoro con i suoi cavilli

Burocrazia. Tutti sanno che è all’origine di gran parte dei mali italiani, almeno da un secolo e mezzo, dall’Unità d’Italia. Il risultato, ai nostri giorni, avverte Giuseppe Turani, in questo articolo, pubblicato anche da Uomini & Business, è ci sono migliaia di nuovi posti di lavoro bloccati dalle scartoffie. 

I mali italiani sono tanti e la burocrazia, se non è il peggiore, è certamente fra i primi tre. La burocrazia ha una caratteristica: le importa solo di se stessa, cioè delle proprie regole. Se io ho una fabbrica di rubinetti, ho il problema di farne tanti, che costino poco e poi di riuscire a venderli, magari anche all’estero.

Se sono un burocrate, di tutto ciò mi importa nulla: quello che conta è che chi fa rubinetti, o scarpe, abbia tutte le autorizzazioni in regola. Quando poi dall’attività dei privati si passa alle opere pubbliche la burocrazia diventa una sorta di corsa a ostacoli in cui spesso perde il buonsenso. Intendiamoci, anche i politici hanno le loro responsabilità: in fondo, le norme in base alle quali campa la burocrazia le hanno fatte loro, nel corso degli anni.

E c’è un perché. Il “pubblico” in Italia non ha la capacità di non farsi derubare: non esiste grande opera nella quale non si siano scoperti a un certo punto maneggi, ruberie, tangenti. Questo ha spinto, di volta in volta, i legislatori a emanare codicilli su codicilli. Con il risultato paradossale di aumentare probabilmente le occasioni dolose: ogni autorizzazione da richiedere è un’occasione per una tangente. Si ruba forse più di in tempo, ma in compenso tutto procede al rallentatore. Non è sempre stato così.

L’Autosole, 755 chilometri, da Milano a Napoli, è stata costruita in appena otto anni e è piena di gallerie e ponti. Lo Stato ne ha pagato poco più di un terzo, gli altri soldi sono arrivati dal mercato. Solo che a costruirla è stato l’Iri (all’epoca la più grande holding del mondo occidentale, 750 mila dipendenti), una sorta di Stato nello Stato, molto più potente di tanti ministeri. Nessuno osava fare domande all’Iri. Ma quei tempi sono finiti. Adesso siamo alle prese da 27 anni con il Terzo Valico Genova-Pianura padana e chissà se si arriverà mai a inaugurare l’opera. Un po’ per via della burocrazia e un po’ per colpa di un pezzo di politica che detesta le grandi opere (Movimento 5 stelle).

La Salini-Impregilo dice che, se si sbloccassero le opere già finanziate, potrebbe dare lavoro domani mattina a 5 mila lavoratori. Se estendiamo ciò a tutte le imprese italiane, arriviamo alla conclusione che forse i lavoratori “possibili”, da oggi,venerdì dicembre 2018, sono almeno 15-20 mila.

Ma sono fermi, come auto senza benzina, nelle secche della burocrazia e dei politici. Forse ancora per anni e anni.