Conte: “Non ho mai aperto un libro di matematica”. E perché diavolo se ne compiace?

Conte: "mai aperto un libro di matematica"
Numeri primi (Ansa)

ROMA – Il premier Conte si compiace di “non aver mai aperto un libro di matematica”. Lo fa parlando con Skuola.net, un sito molto seguito dagli studenti, lo fa ben sapendo che in Italia vantarsi della propria ignoranza scientifica appare più un titolo di merito che una colpa.

Un po ‘ come quelli che “io di matematica non ci capisco niente”, espressione orgogliosamente esibita con sottotesto implicito: i miei interessi sono piuttosto rivolti a cose più elevate e spirituali. Non certo a un prosaico far di conto che è roba da gretti commercialisti o da volgari cassieri. “La matematica non sarà mai il mio mestiere”, cantava un giovane Venditti

Un retaggio inestirpabile del primato italiano della cultura umanista (e crociana) su quella scientifica relegata al ruolo di cugina sfigata e impresentabile in società. Per cui non è tollerabile non aver mai letto Shakespeare ma è tollerabilissimo ignorare la seconda legge della termodinamica (“Le due culture”, C. P. Snow). Con quali effetti nella società facilmente intuibili in un Paese come il nostro dove il deficit di competenze scientifiche è il vero freno a qualsiasi opportunità di crescita. E in tempi in cui è un algoritmo a decidere pure quando puoi fare pipì ma ci sia poi uno che ti spieghi come funzionino questi benedetti algoritmi…

Che sia il presidente del Consiglio a spacciare luoghi comuni tanto consunti non è un bel segnale. A partire dalla compilazione della manovra finanziaria, che è pur sempre un bilancio fatto di numeri (che secondo alcuni non torna per 5 miliardi…).

Conte, però, potrebbe accettare il consiglio di un saggista, critico letterario e “umanista pentito” (Claudio Giunta, Domenicale Sole 24 ore) per provare a correggere il tiro senza inutili sensi di colpa. Cioè a riconoscere la lacuna senza farne una malattia a patto che ci sia qualcuno “che sappia spiegare come funziona il mondo naturale e sappia far funzionare il mondo tecnologico” e che il sistema educativo “garantisca che un congruo numero di persone sappia l’una e l’altra cosa anche in futuro”.

Anche perché questa asimettria tra le due culture, “ha avuto ed ha conseguenze negative sia sulla cultura diffusa, spesso pre-scientifica se non addirittura anti-scientifica (valgano i deliri degli ultimi anni), sia sul giudizio e la comprensione del nostro passato culturale”. (fonte Skuola.net)

 

 

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