Ferrari. “Montezemolo ne ha fatto un marchio di culto”: una vita per la Fiat

di Sergio Carli
Pubblicato il 11 Settembre 2014 - 11:04 OLTRE 6 MESI FA
Ferrari. "Montezemolo ne ha fatto un marchio di culto": una vita per la Fiat

Ferrari. “Montezemolo ne ha fatto un marchio di culto”: una vita per la Fiat

TORINO – Con Luca Montezemolo la Ferrari è diventata marchio di culto” sentenzia Repubblica dove Salvatore Tropea traccia il percorso del non più giovane Luca, dall’esordio appena ventenne alla fine:

Non è stato lui, Luca Cordero di Montezemolo, a decidere di scrivere la parola fine. Ma si sa che nelle dichiarazioni di commiato le buone maniere servono a rendere meno traumatici i distacchi. Perché altrimenti avrebbe dovuto parlare di rottura tra lui e i vertici di una Fiat che non è più quella nella quale è entrato per la prima volta trentasette anni fa e ancor meno quella in cui è stato chiamato a occupare la poltrona di presidente nel 2004.
Comunque finisce qui la parabola cominciata con l’ingresso prima nella famiglia che in Fiat, quando negli anni Sessanta, amico di Cristiano Rattazzi, terzogenito di Susanna Agnelli, partecipa ai rally su vetture Fiat e Lancia. Figlio di Massimo Cordero dei marchesi di Montezemolo e di Clotilde Neri nel 1971, laurea in giurisprudenza, prime esperienze nello studio legale Chiomenti di Roma e in quello Bergreen & Bergreen di New York, ha ventisei anni quando nel 1973 approda alla Ferrari come assistente del Drake e responsabile della squadra corse. Ed è un successo: tre campionati mondiali costruttori di Formula 1 e due campionati mondiali piloti con Niki Lauda.
Gianni Agnelli lo conosce già quando nel ‘77 lo chiama alla guida delle relazioni esterne di Fiat. Il ragazzo, non più ragazzo, piace all’Avvocato. Non per via di quella provenienza dalla nobiltà sabauda e ancor meno per quelle voci che più volte hanno provato ad accreditarlo come suo figlio segreto. Più credibile invece l’idea di un’empatia che fa sì che l’allora presidente della Fiat veda nel giovane Montezemolo, brillante, spigliato, amico di americani, corteggiato dalle donne e di suo sensibile alle donne, il figlio che avrebbe voluto avere. Luca, l’avvocato con la A minuscola, non diventa un manager come tanti ma rassomiglia di più a uno della famiglia, per una sorta di cooptazione di quasi tutti i suoi membri. Nella vasta cerchia di amici e collaboratori del patriarcapresidente lui è uno dei pochissimi a chiamarlo Gianni e a rivolgersi a lui col confidenziale “tu”.
Nel 1978 s’interrompe la sua esperienza in Fiat seguita da quella ai vertici della Cinzano, ricordata anche per la partecipazione di Azzurra alla America’s Cup e dalla direzione generale del Comitato organizzatore della Coppa del mondo di Italia ‘90.
Ma la Ferrari è una sirena che torna a farsi sentire, dopo una tappa nel mondo dell’editoria come presidente di RCS video. Questa volta a Maranello torna da presidente. E’ il 1991.
Ai vertici di Fiat ci sono ancora l’Avvocato e Romiti. La scelta funziona e dà ottimi risultati: la scuderia del Cavallino vince tutto quello che si può vincere con Michael Schumacher. Ma, cosa non secondaria, mette assieme risultati di bilancio che si riveleranno di qualche importanza negli anni neri della crisi Fiat. La Ferrari diventa il marchio di culto tra i miliardari americani poi tra i nouveaux riches russi e cinesi. Con gli anni il rapporto con l’Avvocato si è consolidato ma, quel che più conta, Montezemolo è riuscito a rafforzare con la famiglia che sembra quasi lo consideri uno di casa.
È questo legame che fa scattare la molla che improvvisamente riaccende l’astro Montezemolo nel cielo del Lingotto. Quando il 27 maggio del 2004 muore Umberto Agnelli, presidente della Fiat per poco più di un anno, è lui a prenderne il posto. La famiglia lo sceglie, come garante della continuità nelle ore drammatiche in cui l’allora ad Giuseppe Morchio, cerca di forzare il tavolo giocando la carta della richiesta della presidenza. Allertati da Umberto che, prima di morire, ha consigliato loro di fare attenzione al personaggio Morchio, gli Agnelli e i due storici “tutori” Franzo Grande Stevens e Gian Luigi Gabetti, cacciano Morchio. «Lei pensa di fare l’Agnelli senza esserlo, crede di essere venuto qui a sfamarci, ma si è sbagliato» gli urla in faccia Suni Agnelli. Poche ore dopo il cd nomina Montezemolo presidente e Marchionne ad della Fiat.
Il numero uno della Ferrari il primo giugno del 2004 lo è anche della Fiat. Lui è la continuità nella novità rappresentata dal manager italo-canadese, John Elkann è la promessa del futuro. Questo team sembra funzionare e in realtà funzione per qualche tempo. Le foto di quegli anni, che coincidono con l’uscita della Fiat dal tunnel della crisi, ci rimandano le immagini di un gruppo coeso. «Sergio, John, venite» li chiama Montezemolo a beneficio dei fotografi che immortalano il trio di successo. Un successo che col lancio della nuova 500 nel 2007 raggiunge il punto più alto. E sono gli anni in cui Montezemolo ricopre anche il ruolo di presidente della Confindustria.
Poi qualcosa s’inceppa. Marchionne e Montezemolo, in pubblico si scambiano cortesie, ma in privato non si risparmiano frecciate. Al dissenso sotterraneo contribuiscono fattori diversi: la morte di Susanna Agnelli, l’ascesa di John Elkann che somiglia a una vera e propria presa del potere, la crisi economica. La conquista della Chrysler, mentre esalta il ruolo di Marchionne, mette in ombra quello di Montezemolo, anche perché intanto si crea un asse tra l’ad del Lingotto e John che nel 2009 assume la guida di Exor e nel 2011 quello di presidente della Fiat. Con una famiglia, come si dice, allargata (4 matrimoni e 5 figli) Montezemolo resta sulla prestigiosa poltrona di presidente della Ferrari mentre provvede a mettere in piedi altre società personali (Frau e Italo). E forse nei rapporti societari con Diego Della Valle, nemico dichiarato e di eguale moneta ripagato da Marchionne, c’è una delle cause dell’uno-due che in pochi mesi ha visto Montezemolo fuori da Fiat e da Ferrari. Ma è solo una parte.