Avere un figlio non è un “diritto”. Per nessuno, neanche per i gay

Pubblicato il 14 Gennaio 2013 - 16:28 OLTRE 6 MESI FA
Avere un figlio non è un “diritto”. Per nessuno, neanche per i gay

ROMA – Centinaia di migliaia di francesi sfilano a Parigi contro il “matrimonio per tutti”, insomma le nozze gay e soprattutto contro una legge che dovesse consentire alle coppie gay di adottare bambini. Manifestazione impressionante ma la Francia non era tutta lì, un’altra metà del paese è favorevole alle nozze gay, molto meno però al diritto per le coppie omosessuali sancito per legge di adozione. Sfilano l’una contro l’altra le “due Francia” ma il paese non lo puoi tagliare con l’accetta: gli omofobi e i gay pride sono minoranze. In mezzo c’è un mare di opinioni grande un oceano e frastagliato e mosso quando un’onda sotto scogli.

Una sentenza in Italia assegna la custodia del figlio conteso con il papà ad una mamma omosessuale che vive con la sua compagna. Scatta l’entusiasmo delle associazioni gay e di quella fetta di pubblica opinione che è sua per le nozze gay che per il loro diritto di adottare un bambino. Scatta anche in senso opposto la Chiesa cattolica e scattano anche tutti coloro che pensano, dissimulandolo in mille modi, che omosessualità sia in fondo, se non malattia, di certo nocività. Scattano in senso opposto due Italie, ma anche qui se tagli con l’accetta tagli male: sulle posizioni delle Associazioni gay e su quelle della Chiesa cattolica stanno assisi e fermi, comodamente fermi, in relativamente pochi.

Più che fermi e sdraiati, su queste posizioni di palingenesi (il nuovo sesso che verrà insieme con la nuova società) e di apocalisse (smantellata la natura umana e quindi la società tout court) si sta appollaiati. Un po’ come polli appunti, un po’ grifagni come rapaci. E si sta lì a gridare diritti contro diritti, scontrandosi su chi ce l’abbia più “naturale”.

La sentenza italiana diceva che in quel caso, un padre rissoso e assente e voglioso di togliere il figlio alla mamma omosessuale perché così la religione comanda (nel caso era quella musulmana), quel papà non era il miglior affidatario del minore, anzi. Stabiliva la sentenza una opportunità, non un principio erga omnes, valido e obbligatorio per tutti. In questo senso la sentenza è come la vita e l’amore, entrambi offrono opportunità e non diritti. Non c’è il diritto ad avere un figlio. C’è l’opportunità di concepirlo, allevarlo, educarlo, amarlo, adottarlo. Nessuno ha il diritto a priori ad un figlio, un figlio non è una proprietà o una dote. Un diritto a priori e a prescindere alla genitorialità non ce l’hanno e non ce lo devono avere né gli eterosessuali né gli omosessuali. I primi spesso se lo arrogano quel diritto che non c’è, i secondi ora vorrebbero fare altrettanto.

E invece un figlio è un’opportunità, non un diritto. La legge deve favorire le opportunità, nell’interesse del singolo e nell’interesse generale. Il singolo il cui interesse va tutelato non è la coppia gay e neanche quella eterosessuale, il singolo è il bambino/a. E il suo interesse singolo coincide con quello generale. Quindi nessun diritto e nessun divieto a priori e a prescindere di adozione, si esamini e si giudichi caso per caso. Con un’aggiunta, postilla che sarebbe ipocrita non esplicitare: il matrimonio gay riguarda in fondo due adulti consenzienti, può perfino essere orpello o moda ma se c’è non salva il mondo e neanche lo rovina, nemmeno quello piccolo della coppia gay. L’adozione di un bambino invece riguarda un’esistenza che non può decidere e formarsi in autonomia. Se occorre esser cauti e esigenti nell’affidare un bambino a una coppia uomo/donna, occorre essere due volte, tre volte cauti nell’affidare un bambino a una coppia gay. Se poi questa coppia gay grida che avere un bimbo affidato le spetta di diritto come riconoscimento della società del loro pieno diritto ad essere gay, allora non occorre più altro che un secco no. Per manifeste ragioni di opportunità e non per ragioni di diritto.