Genoa-Siena: sbatti il mostro ultras in prima pagina

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 23 Aprile 2012 - 19:43| Aggiornato il 23 Marzo 2016 OLTRE 6 MESI FA
Genoa-Siena: Marco Rossi parla con gli ultras mentre in campo c'è un fumogeno  (AP Photo/Tanopress)

Genoa-Siena: Marco Rossi parla con gli ultras mentre in campo c’è un fumogeno
(AP Photo/Tanopress)

Che è successo a Genova? Minuto 8 del secondo tempo. Il Genoa perde 0-4 contro il neopromosso Siena e Alberto Malesani, tecnico esonerato e poi rientrato e ora di nuovo esonerato, sostituisce una punta (Sculli), con un difensore (Kaladze): è la goccia che fa traboccare il vaso, per i tifosi genoani umiliati da una squadra che non vince da febbraio, partita per puntare all’Uefa e finita a sperare nella salvezza, da una società che spende per gli ingaggi dei propri calciatori tre volte quello che spende il diretto concorrente Lecce (36 milioni di euro contro 13, per una media di 1,4 milioni lordi a giocatore).

Tifosi genoani che hanno con la propria squadra (nata nel 1893, primo club d’Italia) un rapporto di amore viscerale visibile a occhio nudo da chiunque faccia una passeggiata a Genova. Città che vive di calcio, tappezzata di bandiere e bandieroni, che quando non sono rossoblù sono blucerchiati. Città di porto e di portuali, di industria e di operai. Dalla rassegna stampa di Blitz: “Sono persone che dalla vita non hanno molto altro che la passione per la loro squadra, dalla quale negli ultimi tempi hanno avuto solo amarezze. Non hanno invaso il campo, hanno solo intimato ai calciatori di levarsi quelle gloriose maglie, vecchie di 120 anni, perché li ritenevano indegni”.

Questa è la storia e il contesto, veniamo al fatto. Oltre 200 ultras del Genoa (i giornali scrivono: chi 60, chi 80, chi 100…) si spostano dalla Gradinata Nord ai Distinti, vicino al sottopassaggio che conduce le squadre negli spogliatoi. Tirano due torce bengala in campo e un petardo. Si appollaiano sui vetri divisori, gridando ai giocatori del Genoa di togliersi la maglia. Tranne un paio, sono tutti a volto scoperto. Nessuno fa invasione di campo. Ma la partita si interrompe, il Siena rientra negli spogliatoi passando sotto gli ultrà genoani che li applaudono. Sul campo arriva la polizia e arriva anche il presidente dei grifoni Enrico Preziosi, contestatissimo.

I giocatori del Genoa, dopo un lungo tira e molla, fra proteste e pianti (è il caso di Giandomenico Mesto), si spogliano delle loro maglie e le consegnano al capitano Marco Rossi, il quale poi le porta sotto ai vetri dove sono assiepati gli ultrà. Giuseppe Sculli, che si guadagnerà nelle cronache del lunedì i galloni dell’eroe, ma che dieci anni fa è stato condannato per slealtà sportiva, è l’unico che non si toglie la maglia. Anzi, va a parlare con gli ultrà, e dopo un dialogo concitato e molto fisico (Sculli indica e viene indicato, abbraccia e viene abbracciato, strattona e viene strattonato) ottiene di potersi riprendere le maglie con la promessa che la partita riprenderà senza incidenti. Così succede. Dopo 44 minuti di sospensione Genoa-Siena riparte. Finisce 1-4 in uno stadio semivuoto.

Vergogna, umiliazione, follia: le sobrie cronache del giorno dopo. Il Giornale. “Vergogna ultrà a Genova”. “Ultras, potere e follia”. Commento di Tony Damascelli dal titolo : “Un defibrillatore per il cervello tifoso”, che inizia così: “Quaranta minuti di vergogna. Quaranta minuti di umiliazione. Il calcio ritorna nella sua discarica. […] Un manipolo di black bloc del tifo, mascherati, incappucciati, violenti, ha sequestrato per quaranta minuti i calciatori del Genoa nella partita con il Cesena (così nel testo…). In cento hanno deciso il pomeriggio di altri ventimila”.

La Gazzetta dello Sport. “Follia a Genova. Genoa-Siena ostaggio degli ultrà'”. Editoriale di Andrea Monti dal titolo: “Duri contro la gogna”. L’inizio: “Un brivido ancestrale che viene direttamente dai secoli bui. Gli stessi a cui appartengono, per architettura e atmosfera, molti dei nostri stadi (il Ferraris di Genova è stato ristrutturato nel 1990, ndr)”. Continua nelle pagine interne: “Genova, la gogna degli ultrà umilia il calcio italiano”. I titoli della cronaca: “Dopo lo 0-4, 60 teppisti lasciano la curva e occupano i distinti: fumogeni, minacce e paura”. “Il grande rifiuto di un uomo solo che ha fermato i prepotenti (Sculli, ndr)”. “Preziosi si ribella: “Fanno i padroni, ma sono il male”.

La Repubblica: “Follia a Genova, ultrà padroni del calcio. I giocatori costretti a togliersi le maglie”. La cronaca: “Un centinaio di tifosi tiene in ostaggio per 40′ la squadra”. Commento di Gabriele Romagnoli “La vergogna e la viltà”. Nelle pagine interne prosegue così: “Quei giocatori svestiti con la complicità di tutti, che umilia anche lo Stato”.

Vestiti o mascherati? Romagnoli (Repubblica): “Ma è possibile che in quella posizione ci sia un branco di invasati così vile da coprirsi il volto mentre esige che gli altri si scoprano?”. Gessi Adamoli, tre pagine prima: “Hanno però il volto scoperto, convinti di godere di una sorta di immunità”. Diego Pistacchi (Il Giornale): “Stesse felpe scure col cappuccio, stessi volti scoperti, come quella volta prima di Italia-Serbia”. Damascelli, nella stessa pagina: “Mascherati, incappucciati, violenti”. Gaia Piccardi (Corriere della Sera): “Hanno occhiali da sole, crani rasati, giacche nere come l’umore di una domenica nefasta”.

Il Corriere della Sera è l’unico giornale a non sparare titoloni in prima pagina e a risparmiare gli aggettivi in cronaca. Il commento di Mario Sconcerti, pur concludendo con una condanna, è uno dei pochi a non usare toni manichei: “Forse una parte dei genoani duri e puri qualcosa all’inizio ha condiviso della protesta dei loro ultrà. Il genoano ha un rapporto viscerale, assoluto, con i colori del Genoa, poco razionale. Essere del Genoa è essere della città, avere il mare davanti e la storia alle spalle. E’ anche un modo per difendersi dall’ingresso dei sampdoriani nella vita […] Forse qualcuno di quei genoani ha avuto voglia di partecipare a quel festival dell’umiliazione a cui gli ultrà avevano dato il via […] La maglia è tutto nel calcio, perfino più della bandiera per un reggimento. E’ il simbolo di un’identità vasta come le radici di una città. […] Hanno mirato bene gli ultrà del Genoa, niente ha più valore”.

Corriere a parte, hanno prevalso i toni scandalizzati, in un lavaggio della coscienza collettivo che passa per l’individuazione dei nuovi mostri, da colpire con giustizia sommaria e titoli sprezzanti. I nuovi mostri di turno sono gli ultrà del Genoa, gli stessi che a novembre – dopo l’alluvione che ha colpito la Superba – erano in prima fila a spalare il fango. Fra loro ci sono quei portuali che per decenni sono stati visti come degli eroi nella mitologia “rossa”. Chi si indigna si dimentica di colpo non solo la mitologia “rossa”, ma tutti gli scandali del sistema calcio (e del sistema Italia). Chi si indigna non conosce che cosa significa il Genoa per Genova, guarda all’umiliazione dei “poveri” calciatori e non a quella dei tifosi, enfatizza troppo le conseguenze di una protesta, che si è limitata a un “toglietevi le maglie” e a una brutta partita sospesa per quaranta minuti. Insomma chi si indigna ignora storia, contesto e anche testo.