ROMA – La decisione della Camera dei Rappresentanti Usa di riconoscere il genocidio degli armeni perpetrato tra il 1915 e il 1916 dai turchi e costò la vita a un milione e mezzo di persone è incontestabilmente un fatto storico. Scontata la rabbiosa reazione di Erdogan. Ha richiamato l’ambasciatore turco a Washington, messo in stand-by la visita di Stato programmata, minaccia di buttarsi nelle braccia della Russia fregandosene dell’alleanza atlantica.
Se ne discuterà a lungo (tranne in Turchia dove chi solo vi accenni finisce in galera). Intanto vanno rilevati alcuni fatti collegati alla vicenda piuttosto sorprendenti. Di sicuro lo è l’appoggio offerto da Trump, solitamente allergico a quanto accade fuori dall’America. Ma chi ha convinto lui, la figlia Ivanka, il cognato Jared Kushner, la pasionaria democrat Jackie Speier e i suoi 405 colleghi che hanno votato la risoluzione praticamente all’unanimità?
Non gli intellettuali, non una campagna d’opinione. Nemmeno un toccante film come Ararat, del 2002, girato dal grande regista canadese-armeno Atom Egoyan. Dove peraltro si cita, a proposito del silenzio di cento anni sul tentativo di eliminazione di un intero popolo, una frase attribuita ad Hitler in procinto di compiere il suo di genocidio: “Qualcuno si ricorda degli armeni?”.
Non ci è riuscito nemmeno l’armeno più famoso del mondo, Shahnour Vaghinagh Aznavourian, al secolo Charles Aznavour, immenso chansonnier e anche lui protagonista di Ararat. Nella società dello spettacolo di debordiana memoria, aggiornata dai social network alla società dello spettacolo di se stessi, ruolo e meriti vanno attribuiti invece a Kim Kardashian. Sì proprio lei, la regina dei like e del trash-chic, moglie del rapper Kanye West, maitresse a penser leopardata.
Un segno dei tempi, non c’è che dire. Inutile smoccolare sullo scadimento dei valori. Vano stracciarsi le vesti per il sacrilego accostamento tra la distruzione di un popolo e la banalità decerebrata spacciata via facebook. I potenti, gli influencer, provengono oggi dall’industria dell’intrattenimento che da un pezzo ha surclassato negli Usa i tradizionali fortini del potere economico, dall’acciaio al petrolio.
Dove non arrivano la denuncia e il memoir, l’analisi storica e i documenti d’epoca, dove nulla possono la rivendicazione etnica e la solidarietà internazionale, giunge, a proposito, tempestivo e risolutore, il marchio di fabbrica del brand Kardashian. Le sue generose natiche da esposizione. L’arma segreta degli armeni. (fonte La Repubblica).