Genova 1528: “I francesi hanno portato la peste”. Fake-news, ieri tra i carrugi, oggi sulla rete

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Novembre 2017 - 13:12| Aggiornato il 20 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA
fake-news-genova-peste

Fake-news Genova 1528: “I francesi hanno portato la peste”. Nella foto il quadro di Domenico Fiasella

ROMA – Genova 1528: “I francesi hanno portato la peste”. Fake-news, ieri tra i vicoli, oggi sulla rete. Genova, estate 1528: Andrea Doria si appresta ad allearsi con Carlo V di Spagna stracciando l’accordo con la Francia di Francesco I. La città è prostrata dalla peste, dalla fine dei commerci che i francesi fanno transitare da Savona, dall’insofferenza nei confronti di un occupante che associano a miseria e decadimento per se stessi. Una fake-news alimenta un nuovo contagio fra i carrugi.

Il popolo, che nella sua semplicità per non dire ignoranza temendo lo scopo, non distingue il mezzo, andava mormorando che i ministri del Re per desolare la città, vi avessero introdotta la peste; la quale voce, sebbene creata da un’esaltata imaginazione pigliava fondamento dalla leggerezza de’ francesi, dall’odio loro contro il Doria, e dall’oppressione contro Genova. (da Storia della Repubblica di Genova dall’anno 1528 al 1550 ossia Le Congiure di Gian Luigi Fiesco e Giulio Cibo, di Michel-Giuseppe Canale, Genova 1874)

Dai siti finanziati dai russi per intorbidare le elezioni americane e il voto sulla Brexit oppure gettare scompiglio anti-sistema nelle democrazie europee, fino ai social manager di casa nostra specialisti in bufale politiche da spacciare sui media targati Lega e M5S, l’obiettivo, meglio il bersaglio, è sempre lo stesso, e cioè un pubblico poco avvezzo a un consumo responsabile di notizie.

Consumatori distratti, poco esigenti, impressionabili, spesso analfabeti funzionali immuni ai giornali di carta per non parlare di libri, desiderosi di veder confermato il poco che sanno o presumono, statisticamente annoverabili nelle parte bassa dei livelli di reddito e istruzione. Cui va aggiunta una quota consistente di frustrati e risentiti che alimentano le schiere di leoni da tastiera, o “haters” come si dice.

Ieri come oggi, il popolino (sì l’abbiamo detto, non siamo forse tutti indefessi odiatori del politicamente corretto?) è sempre stato strumento di lotta politica, aizzarne gli umori in questa o quella direzione un jolly in mano ai più spregiudicati, vale a dire tutti coloro interessati alla conquista o alla conservazione del potere. Ieri propalazione e contagio di false notizie avveniva tra i vicoli, o tra i carrugi nel caso genovese, oggi attraverso la rete, surrogato digitale del megafono popolare, la vox populi di un’umanità atomizzata che si crede libera nella solitudine della propria caverna social.