Genova pietre e razzismo: i quartieri alti non amano il nero

Pubblicato il 19 Agosto 2015 - 07:51 OLTRE 6 MESI FA
Genova, pietre e razzismo; quartieri alti non amano profughi

Genova. Profughi alla finestra del palazzo in via Caffaro che ospita 80 giovani africani

GENOVA – C’eravamo sbagliati. Il cuore dei genovesi dei quartieri alti non è più solidale del resto della città.

La doccia gelata ce la dà il Secolo XIX constatando amaramente:

“Fa più male quella scritta razzista che le pietre”.

La scritta razzista sono le parole contenute su volantini buttati là, le pietre sono state fatte volare contro un mezzo della Croce Rossa e c’è molta amarezza nelle parole di Giovanni Sansalone, responsabile del centro di accoglienza per migranti di via Caffaro, una strada in ripida salita che porta dai confini della vecchia Genova alla spianat di Castelletto, 100 metri sul livello del mare e una vista da togliere il fiato sul porto e la città.

È un piccolo choc, al punto che Guido Filippi neppure riferisce le parole esatte della scritta razzista, né lo fa Sansalone, intervistato per la Tv del quotidiano da Alberto Maria Vedova. Troppa vergogn, tanto pudore.

C’eravamo illusi leggendo su Blitz quotidiano il quasi commovente racconto di Franco Manzitti:

“Il palazzo dove i migranti sono ospitati è nel cuore borghese della città, in una di quelle strade in salita che collegano i mitici caruggi con le Circovallazioni ottocentesche dove abitano le famiglie della antica tradizione bourgeois, che hanno lo scagno nello sprofondo del vecchio porto e la casa, appunto, lì. Si chiama via Caffaro, sotto il Castelletto, quel posto così incantato nel suo Belvedere che il poeta del Novecento, Giorgio Caproni, sosteneva che apparisse al viaggiatore ignaro come un Paradiso. … In questa strada al numero civico dodici, dentro a uno dei palazzi meno antichi, hanno piazzato ottanta migrantes distribuiti su due piani di una residenza per anziani in disuso.

Uno dei due piani ha un grande terrazzo. Così se tu ti affacci da Castelletto verso il mare vedi – come poetava Caproni – il Paradiso. Se invece ti affacci verso levante e guardi dall’alto la via Caffaro, scopri i migranti, che hanno scampato l’inferno e ora vivono il loro limbo nel cuore di una città europea dalla lunga storia, grande e vecchia, un porto di mare che è sempre stata accogliente e lo è ancora.
La vecchia e cosmopolita Genova li ospita sotto il suo storico salotto, uno dei più riservati della città, ma anche uno dei più trasversali, nel solco di una tradizione di accoglienza che resta uno dei primati della Superba, oggi città decadente, sferragliante nel suo lento ma inesorabile declino post industriale.

Ti affacci da quel balcone-paradiso e li vedi i migranti che si sporgono alle finestre che cercano aria e respiri di libertà nel grande terrazzo della residenza “protetta” e li puoi anche incontrare nelle strade del quartiere con l’aria sparuta, a vagare intorno al loro ricovero, i più coraggiosi con un capello in mano agli angoli delle strade a chiedere una moneta, ma con l’aria di chi il mestiere del medicante non lo ha mai fatto. Scampati alla fame, alla guerra, al barcone, al mare, salvi ma oggi persi nella nebulosa di questa città straniera, una stanza, una branda, un portone, strade e facce sconosciute oltre la porta.

“Altro che periferia di Roma, o altro che Treviso, dove le sommosse anti rifugiati scoppiano nella torrida estate con rivolte furibonde”.

Ora invece, però…

 

Anche se Giovanni Sansalone non drammatizza, ha comunque chiamato i carabinieri. Maniman,,, dicono a Genova, vedessi mai che domani.

Nella ex casa di riposo di via Caffaro, sono ospitati ottanta migranti, gestiti e seguiti dalla Croce Rossa, tutti ragazzi, informa Guido Filippi sul Secolo XIX,

“tra i 18 e i 25 anni provenienti da Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio e altri Paesi dell’Africa subsahariana. Una soluzione criticata e contestata dagli abitanti del civico 10 e di altri caseggiati che hanno fondato un comitato.

“Ma ne è nato anche uno “Via Caffaro, via che accoglie” che ha allungato la mano della solidarietà ai profughi”.