Gentiloni promette stabilità alla Merkel, lei lo guarda dolce: durerà 5 anni?

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Febbraio 2018 - 06:45 OLTRE 6 MESI FA
Gentiloni promette stabilità alla Merkel, lei lo guarda dolce: durerà 5 anni?

Gentiloni promette stabilità alla Merkel, lei lo guarda dolce: durerà 5 anni?

Paolo Gentiloni  stringe la mano a Angela Merkel. Lei se lo guarda come una professoressa dei bei tempi guardava un allievo prediletto e promettente. La scena si svolge a Berlino. Gentiloni e Merkel hanno parlato per un’ora buona, poi hanno tenuto una conferenza stampa congiunta.

In Europa sono tutti preoccupati dai possibili risultati delle elezioni italiane del 4 marzo. Gentiloni prova a rassicurare tutti, cominciando dai tedeschi: “L’Italia avrà un governo stabile. Non c’è nessun rischio che l’Italia abbia un governo su posizioni populiste e antieuropeiste”, riferisce Monica Guerzoni del Corriere della Sera.

E, aggiunge Serenella Mattera della agenzia Ansa, se dopo il voto arriverà la “chiamata” a “una compagine di governo che non porti il Paese fuori strada”, ha garantito Gentiloni alla Merkel, “io farò il mio dovere come ho sempre fatto, o cercato di fare, in questi anni”. Ma, ha aggiunto, preoccupato dei contraccolpi nel pollaio italiano, scosso da fremiti di sospettosità e veleni,  del governo si parlerà “dopo”: ora il Pd deve “fare campagna elettorale senza dare la sensazione che il passaggio sia scontato, perché ci possono essere sorprese”.

Stabilità, condizione base perché l’Italia, come qualsiasi Paese al mondo, si rimetta in cammini, può voler dire 5 anni di Governo Gentiloni.

Un po’ i problemi li ha creati il ministro dell’Interno Marco Minniti, con la sua apertura alle larghe intese. Minniti ora precisa che si riferiva a un governo di “unità nazionale”. Gentiloni sottolinea che si tratta di una differenza “non sottile”. Minniti nasce comunista e forse nel cuore lo è ancora. Ma non comunista del genere veltroniano, tutto dinieghi e buonismo. Minniti è nel solco della tradizione di Togliatti. Realismo, interesse comune prima di quello di parte (Yalta certo contribuì, ma ci voleva un bel paio di attributi a reggere le spinte di una base armata). Minniti è realista, di una sinistra di cui si è un po’ perso lo stampo: essere di sinistra non vuol dire subire disordine e caos, piegarsi alla criminalità dilagante perché se ci sono criminali la colpa è dei ricchi.

Minniti è fatto per non piacere a Matteo Renzi che ha subito fatto dire ai suoi che l’uscita di Minniti su un governo di unità nazionale non aiuta affatto. Ma come, dopo che Renzi ha affermato di volere il voto in caso di mancanza di una maggioranza?

Come ha scritto Francesco Verderami sul Corriere della Sera, “lo dicono tutti ma non conviene a nessuno: tornare al voto dopo il voto è l’ennesima promessa che i leader non potranno né vorranno mantenere. L’idea che in caso di «pareggio» si debba rifare la sfida è un esercizio muscolare da campagna elettorale, un espediente che oggi serve ai capi-partito per esorcizzare il timore di rimanere esclusi domani dal gioco del governo. Da Berlusconi a Di Maio, da Renzi a Salvini e giù fino a D’Alema, sarebbe un rischio non partecipare al risiko per Palazzo Chigi: ognuno di loro dovrebbe infatti fronteggiare i contraccolpi dell’isolamento, equivalente del fallimento. «Pericolo frana» è il cartello posto dappertutto.

A dire il vero pochi prendono Renzi sul serio. A cominciare da Gentiloni. Riporta ancora Serenella Mattera che lo stesso primo ministro, di ritorno da Berlino, ha fatto notare come anche in Germania, pur di non tornare ale urne, dopo mesi e mesi di negoziati, alla fine abbiano dato vita al governo di coalizione.

Una parola importante viene da Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico. Dice Calenda: “A chi mi chiede se voglio fare il premier, rispondo che c’è una persona che lo fa meglio di chiunque altro…”. Gentiloni minimizza. La popolarità nei sondaggi? “Le aspettative all’inizio erano basse, non c’è stata delusione e forse è percepito che cerco di mettercela tutta”. Berlusconi lo ha definito “gentile”? “È educazione”. Ma a chi gli domanda se Renzi sia candidato premier, risponde: “La legge non lo prevede, noi lavoriamo per avere un premier Pd”. Il nome si vedrà “dopo”