Giornali in crisi. Cura Bezos-Amazon: assunzioni, 250 tecnici, 900 giornalisti al Washington Post

washington post, foto ansa
Washington Post, la cura Bezos ha funzionato (Ansa)

ROMA – Giornali in crisi, il futuro si chiama Amazon? Il modello Jeff Bezos è quello che salverà l’editoria? Per Donald Graham, ex proprietario del Washington Post che a Bezos vendette il giornale 6 anni fa, la risposta è quella. E, a giudicare dai risultati raggiunti dal Washington Post in sei anni di cura Bezos, qualcuno farebbe bene a fare un viaggio in America e capire affinità e differenze. L’America, cantava Lucio Dalla, è l’altra faccia della luna. Ma quel che è successo in America, prima o poi, si è replicato anche da noi.

Jeff Bezos, che grazie ad Amazon è l’uomo più ricco dell’età contemporanea, quando si tratta di scelte editoriali del Washington Post, di cui è proprietario dal 2013, non interviene se non per difendere i suoi giornalisti dagli attacchi dei politici, Trump in primo luogo. Focalizza invece l’attenzione sui fattori economici. Nel 2017, nel corso di una conferenza stampa aveva affermato che la sua proprietà “non è un’impresa filantropica. Sono convinto che un giornale in salute con una redazione indipendente dovrebbe mantenersi autonomamente. Penso che sia realizzabile e noi l’abbiamo realizzato”.

Il Washington Post ha raddoppiato il traffico web ed è diventato redditizio, un’impresa notevolissima per una compagnia di media che ha dovuto fare i conti con una pesantissima crisi finanziaria. La veloce inversione di tendenza è impressionante, è indiscutibile, ma secondo l’ex editore del Post, Donald Graham, ciò che rende Bezos diverso dagli altri capi azienda, è la sua lungimiranza, “pensare a lungo termine”, e attribuisce a ciò anche il successo di Amazon. Graham lo sapeva. Sei anni fa è stato lui a condurre la vendita del giornale di proprietà della sua famiglia a Jeff Bezos, dopo l’uscita dal consiglio di amministrazione e dall’azionariato del mitico Warren Buffet.

Ventiquattro anni dopo la nascita, Amazon vale quasi 900 miliardi di dollari e, a settembre 2018, ha raggiunto Apple ed è entrata nel super esclusivo club delle società che valgono 1.000 miliardi di dollari. Per Graham, intervistato per il documentario “The Age of Amazon” della CNN, decisivo è stato anche il talento di Bezos per la tecnologia poiché il più grande ostacolo che la famiglia Graham ha dovuto affrontare al Post è stata la mancanza di know-how.

“Non avevamo grandi capacità tecnologiche” ha affermato Graham che si era rivolto a grandi tecnologi per una consulenza. A personaggi del calibro di Steve Jobs, Bill Gates, Mark Zuckerberg, Larry Page e Sergey Brin ha posto domande del tipo “cosa faresti se tu fossi il proprietario di un giornale? Come proveresti ad adeguarlo all’era del digitale?”. Però contattò Bezos perché era “intelligente, sensibile e non presuntuoso” e inoltre perché Amazon, la sua impresa di maggior successo, era un business basato sui libri. “Era interessato a leggere” e “capiva qualcosa sulle abitudini dei lettori”, ha detto Graham.

Graham sperava che Bezos potesse aiutarlo a trasformare il Post da pubblicazione locale incentrata sulla stampa in un brand digitale riconosciuto a livello mondiale. “Abbiamo avuto la sensazione che una persona che avesse un’immensa conoscenza del futuro, della tecnologia, dei modi per fornire informazioni ai lettori, avrebbe consentito un grosso passo avanti”, ha commentato Graham. Graham aveva ragione.

Con Bezos proprietario, il Post è passato dall’emorragia di entrate pubblicitarie a diventare, nel 2016, un’impresa redditizia ed è andato avanti positivamente anche nel 2017 e 2018. Bezos “ha portato al Post un gran numero di talenti tecnologici”, afferma Graham. Ha assunto più di 250 persone, portando la redazione a circa 900 impiegati, ha sviluppato un nuovissimo sistema di gestione dei contenuti e ha iniziato a concederlo in licenza, ed è all’avanguardia nel coinvolgimento della comunità con una presenza attiva su piattaforme come Reddit e Tic toc.

Il passaggio del Washington Post da giornale locale a organo di informazione nazionale è stato confermato quando a settembre 2017 il direttore Fred Ryan ha annunciato di aver “superato il milione di iscritti con i soli abbonati digitali”, un numero che attualmente è salito a oltre 1,5 milioni di abbonati. Bezos ha dunque davvero salvato il Post? “Jeff sarebbe il primo a dire che non ha una risposta. Ma non ce l’ha nessuno. Il modo in cui le persone avranno informazioni nel 21° secolo è ancora una questione aperta”, ma Bezos ha trovato la soluzione per raddrizzare la nave.

Bezos aveva pubblicamente dichiarato che prima essere coinvolto nel Washington Post avrebbe dovuto “fare un’introspezione”. Non sapeva nulla del business dei giornali, ma attraverso le conversazioni con Graham si convinse dell’importanza di affrontare la sfida. Sei anni dopo essere diventato proprietario del Post, Bezos parla spesso di quanto sia stata gratificante l’esperienza. “So che quando avrò 90 anni, sarà una delle cose di cui andrò molto orgoglioso, per aver accettato la responsabilità del Washington Post e averli aiutati in un passaggio molto difficile””, aveva detto in un’intervista del 2018.

 

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