Giovanni Valentini: “Antonio Verro in Rai: perché?”. Ma il disastro pubblicità..

Pubblicato il 3 Giugno 2013 - 06:43 OLTRE 6 MESI FA
Antonio Verro, Berlusconi sia con lui

Antonio Verro, Berlusconi sia con lui

Il caso di Antonio Verro, che s’è dimesso da senatore per “partecipare attivamente ai lavori del Cda” della Rai, dopo avere colpito Giuseppe Giulietti ha anche destato i sospetti di Giovanni Valentini, che ad esso dedica un articolo della sua rubrica “Il sabato del villaggio” su Repubblica.

Il caso è sospetto, perché non s’è mai visto che

“un parlamentare della Repubblica – eletto dal “popolo sovrano” o nominato dal suo capo- partito, in questo caso fa poca differenza – rinunci al seggio conquistato al Senato e preferisca continuare a fare il consigliere della Rai, autoriducendosi così anche di molto gli emolumenti”.

Questo vuole dire, argomenta Giovanni Valentini, che

“ha una “missione” da compiere. Un obiettivo da raggiungere. Un incarico speciale”.

C’è tutta l’aria che sia

“più una minaccia che una promessa: a maggior ragione se contemporaneamente un altro consigliere, Rodolfo De Laurentiis, in quota alla Udc, sottoscrive un patto con il Pdl, modificando di conseguenza gli equilibri al vertice della Rai e assicurando di fatto la maggioranza al centrodestra (magari in vista di un’eventuale candidatura alla presidenza della Regione Abruzzo)”.

Le cose che dice Verro non sono prive di buon senso. Quando una che viene dalla Banca d’Italia, come la presidentessa Annamaria Tarantola, pretende di giudicare non di correttezza contabile ma se rientri nei compiti del servizio pubblico diffondere la finale di Miss Italia o no, rivela una ovvia abissale differenza di gusti rispetto alla massa degli italiani e una trasparente ambizione a rieducarli che ricorda tanto Pol Pot e, nella versione in loden, il ghigno di Mario Monti che ci ha portato dove siamo.

C’è però un vizio intrinseco, in Verro, e in questo Valentini ha ragione: perché Verro è uno degli uomini di più stretta osservanza del Verbo di Berlusconi in materia di Tv che siano circolati in Rai. E qui bisogna stare attenti. Già ricominciano, scrive Valentini,

“le “grandi manovre” per il controllo della tv pubblica. È l’“effetto governissimo” che si abbatte come un ciclone”

sulla Rai. Il Pdl, il “partito-azienda”

“vuole riconquistare un ruolo di potere nel campo strategico della televisione. E a cascata, dal Consiglio di amministrazione in giù, gli effetti si propagano già in tutta l’azienda “commissariata” dal governo Monti.

“Con ogni probabilità, la prima a farne le spese sarà la presidente, Annamaria Tarantola. A suo tempo, per lasciare la vice-direzione della Banca d’Italia, pretese che il Cda cedesse a lei tutte le deleghe per governare la Rai. Adesso sarà costretta forse a restituirle oppure a trasferirsi altrove”.

Questo, a dire il vero, non è un male, anche se probabilmente Giovanni Valentini non la pensa così, perché le poche cose che Annamaria Tarantola ha detto in termini di filosofia del servizio pubblico, come rilevato poche righe sopra, lasciano adito ai peggiori giudizi.

Sempre secondo Giovanni Valentini,

“più salda appare, invece, la posizione di Luigi Gubitosi. In primo luogo perché da sempre le scelte del direttore generale sono sottoposte all’approvazione del Consiglio di amministrazione. Ma anche perché in questo primo anno Gubitosi ha fatto obiettivamente un lavoro apprezzabile, promuovendo il rinnovamento tecnologico; avviando una sensibile riduzione dei costi e del personale; riducendo le produzioni esterne; stimolando lo sviluppo su Internet e rilanciando anche Rai News 24″.

Qui purtroppo Giovanni Valentini ignora il disastro provocato dalle scelte di Gubitosi in campo pubblicitario, scatenando una guerra dei prezzi di cui faranno le spese giornali e internet, almeno fino a quando la da Valentini deprecata ripresa di comando di Berlusconi in Rai non fermerà lo scempio.