“Green pass è libertà, altro che dispotismo”: Paolo Flores d’Arcais a Cacciari e Agamben: “mostruoso refrain”

di Marco Benedetto
Pubblicato il 29 Luglio 2021 - 12:59 OLTRE 6 MESI FA
"Green pass è libertà, altro che dispotismo": Paolo Flores d'Arcais a Cacciari e Agamben: "mostruoso refrain"

“Green pass è libertà, altro che dispotismo”: Paolo Flores d’Arcais a Cacciari e Agamben: “mostruoso refrain”

Green pass è libertà, altro che dispotismo”. Paolo Flores d’Arcais, fondatore e rifondatore di Micromega dà una nuova prova di indipendenza mentale e morale con una lettera aperta a Massimo Cacciari sul tema.

Cacciari ha firmato, antico vizietto della sinistra intellettuale (la fu classe operaia lavora e non ha tempo) un duro attacco al green pass, definendolo strumento “da regime dispotico”. 

La replica di Paolo Flores è dura e senza appello:

“Tenere a distanza chi non vuole vaccinarsi non ha nulla di discriminatorio, è una misura elementare minima di difesa della libertà (e vita) degli altri”.

La replica di Flores D’Arcais a Cacciari sul Green Pass

Penso che meriti leggere il testo di Flores per intero. Dovrebbe essere adottato da tutti quanti, a sinistra come a destra, rifiutano di portare il cervello all’ammasso. E vogliono invece darsi una linea di pensiero indipendente quanto coerente in questi tempi difficili. 

(Anche se devo dire che in 76 anni che ho finora vissuto non ne ricordo di facili più di dieci).

Perché mai, scrive Paolo Flores a Cacciari, nel testo firmato in coppia con Agamben, “non hai speso una sola parola di indignazione, vituperio, condanna, per la “pratica di discriminazione” che non consente di guidare liberamente un’automobile (ma eventualmente anche un Tir, se aggrada). E impone di passare per le forche caudine di esami orali e scritti, solo al termine dei quali il cittadino (ma non è ormai così ridotto a suddito?) riceve un “green pass” definito “patente di guida”?

“Ancora: perché mai non hai stigmatizzato l’insopportabile “regime dispotico” con cui in Italia si pretende un “green pass”, chiamato burocraticamente “porto d’armi”, per il libero cittadino (ridotto con ciò a suddito) che voglia girare con una P38 in tasca, mentre liberamente e gioiosamente un cittadino statunitense può acquistare al negozio d’angolo anche una Beretta pmx, una Skorpion Vz 61, una Thompson, e altri gingilli di libera autodifesa?

 E perché non hai ricordato che queste nefaste pratiche discriminatorie hanno il loro antefatto nell’odiosa volontà (Legge 11 novembre 1975, n. 584, poi Legge 16 gennaio 2003, n 3, rafforzata dieci anni dopo con la “legge Sirchia”) di “purgare” i fumatori, discriminandoli col divieto d’ingresso nei cinema, teatri, ristoranti, caffè, treni, aeroporti, uffici, ghettizzandoli sui marciapiedi e in molti paesi cacciandoli infine anche dai luoghi aperti?

 A me queste leggi antifumo sono sempre sembrate invece civilissime, e anzi libertarie. Perché mai dovrei essere costretto a inalare nicotina e catrame se voglio frequentare un luogo pubblico chiuso? O devo lavorare in uno spazio comune? Ma in un luogo pubblico chiuso il fiato di un contagiato Covid è molto ma molto più dannoso degli sbuffi delle più micidiali Marlboro rosse o Gitanes papier mais.

Che senso ha trincerarsi dietro un generico “il dibattito scientifico è del tutto aperto”? Va da sé: il dibattito scientifico è sempre aperto, per definizione.

Ma i dati delle ultime settimane sono costanti e inoppugnabili. Contagi, ricoveri (e morti) dei non vaccinati sono, in proporzione al loro numero, dieci volte superiori a quelle dei vaccinati. La “libertà” di impestare il prossimo non è ancora stata introdotta tra i diritti umani e civili inalienabili. Riforma costituzionale che il tuo testo solfeggia in filigrana, continua anzi a costituire una forma insopportabile non già di libertà ma di violenza, prepotenza, sopruso.

Le democrazie nascono impegnandosi a garantire l’endiadi “vita e libertà” dei cittadini. Ma che vita e che libertà sono garantite a cittadini costretti a rischiare, in ogni luogo pubblico chiuso o all’aperto ma molto affollato, l’alito impestato. Di chi per privata prepotenza non vuole prendere l’unica misura che abbatte tale rischio: il vaccino?

In realtà vi è, come noto (da secoli) un’altra misura: il distanziamento. Tenere a distanza chi non vuole vaccinarsi non ha perciò nulla di discriminatorio, è una misura elementare minima di difesa della libertà (e vita) degli altri. Ai governi (il nostro compreso) si può e deve imputare – semmai – di non averla difesa e non difenderla abbastanza, questa comune libertà.

Menzogna sul green pass

Che il “green pass” costringa a essere controllati e “tracciati” è infine pura menzogna. Vieni “tracciato” se lo usi sul telefonino con localizzatore. Ma se te lo stampi (ci vuole un “clic”, appena più del teologico “fiat”), lo presenti dove è richiesto e nessuno ti “traccia”.

Infine, non è solo davvero fuori misura. Ha piuttosto qualcosa di indecente e ingiurioso, evocare il passaporto interno di staliniana e brezneviana memoria. O le misure di controllo del maoturbocapitalismo di Xi Jinping. Un’offesa sanguinosa ai milioni e milioni di vite umane che il totalitarismo comunista lo hanno subito davvero, carne e ossa, gulag e sangue.

Spero che le righe in proposito siano uscite dalla penna del tuo sodale Agamben, che suona questo mostruoso refrain da anni, e tu le abbia accolte solo per momentanea debolezza”.

L’attacco di Paolo Flores d’Arcais a Cacciari è un testo da ssumere nelle scuole di ogni ordine e grado. Non è solo un siluro contro la sinistra da salotto di cui l’ex sindaco di Venezia è un maitre à penser.

È una affermazione positiva e decisiva, del diritto di tutti noi di non essere sopraffatti dai capricci di pochi. Se volete capire cosa vuol dire sinistra democratica, in contrasto con sinistra caciarona, modaiola e prevaricatrice, leggete Flores e incorniciatelo. Ricorda le leggende su Togliatti indignato quando gli davano del tu o di Hobsbawn quando intimò, a un gruppo di gauchiste che gli avevano invaso l’ufficio, di mettersi la cravatta.

Cacciari il nemico del green pass

Due note su Cacciari. È stato operativo del Pci in Parlamento italiano e europeo. Lo chiamano anche filosofo, perché ha insegnato e insegna filosofia. Un po’ poco la sua attività originale per la massa di noi che siamo fermi a Socrate e consideriamo la maggior parte dei filosofi di questi 25 secoli dei rimescolatori. O al massimo, come Marx, soci e predecessori moderni, dei notai della mutata realtà sociale e politica.

Pur non avendo lasciato il segno nelle attività politiche perseguite, Cacciari è considerato comunque una delle punte della sinistra intellettuale italiana. I cui esponenti di punta, nella pratica, sono D’Alema, Bersani, Letta: protagonisti del crollo dei voti, dal 40 al 20 per cento. E altre parole non ci appulcro.