Greta e Vanessa volevano aiutare la rivoluzione, finite nella trappola del terrore

Pubblicato il 18 Gennaio 2015 - 07:18| Aggiornato il 4 Febbraio 2015 OLTRE 6 MESI FA
Greta e Vanessa volevano aiutare la rivoluzione, finite nella trappola del terrore

Greta Ramelli (a sinistra) e Vanessa Marzullo (a destra): volevano aiutare la rivoluzione, sono finite nella trappola del terrore

ROMA – Altro che scopi umanitari: Greta Ramelli e Vanessa Marzullo erano partite per la Siria non solo per

“aiutare i civili vittime della guerra”, ma anche “con l’idea di svolgere “un lavoro in favore della rivoluzione””, in concreto “con l’intenzione di distribuire “kit” di salvataggio destinati ai combattenti islamisti anti-Assad”,

ha rivelato sul Fatto Angela Camuso. Il suo articolo, letto insieme con l’intervista fatta a Roberto Andervill da Niccolò  Zancan per la Stampa, mette la vicenda delle due ragazze in una prospettiva molto inquietante. La loro avventura non nasce dal giovanile entusiasmo di due giovani sprovvedute ansiose solo di aiutare della povera gente.

Nasce piuttosto da un ardore rivoluzionario tipico dei vent’anni, che, combinato con i sogni di un uomo che ne ha quasi 50 e strumentalizzato da chi la guerra santa la fa con la propria pelle, per una sua idea di Dio e di Patria che magari non è la nostra ma che comunque merita rispetto, ha portato i servizi segreti italiani a spendere un numero di milioni di euro che potrebbe arrivare a 12 per farle tornare a casa da mamma e papà. Fermo restando il diritto di ciascuno di infilarsi nei guai che preferisce, resta fermo anche che non è giusto che cifre ingenti o modeste delle nostre tasse siano spese per levare gli incoscienti, o peggio, dai guai.

Se ai tempi del terrorismo avessimo avuto il gruppo dirigente di oggi, al governo ora ci sarebbe una larga intesa di Prima Linea, Brigate Rosse e Lotta Continua.

Nel sequestro di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo ci sono troppi punti oscuri che non vanno obliterati per amor di patria. Ci sono troppi aspetti inquietanti, complicità, parallelismi, convergenze sentimentali e ideologiche, che vanno approfonditi senza ipocrisie. A quanto sembra i Carabinieri si muovono senza paraocchi, anzi già si muovevano prima ancora che le due ragazze lasciassero l’Italia per andare in Siria a aiutare la rivoluzione.

Ci siamo già passati negli anni del terrorismo, con i compagni che sbagliavano e l’indulgenza plenaria quotidiana. Il prezzo di sangue fu di centinaia di morti, dimenticati, cancellati, ma che pesano ancora tutti sulla bilancia della storia in Italia.

La “genesi” del sequestro di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo , scrive Angela Camuso, è “ancora oscura”. Pensavano di aiutare i combattenti islamici come delle Dlorence Nitinghale del XXI secolo e invece, nota con amara ironia Angela Camuso,

“potrebbero esser rimaste vittime proprio di quelli che volevano soccorrere sul campo di battaglia”.

La ricostruzione si basa su

“alcune informative riservate dei carabinieri del Ros”, inclusa “la trascrizione di intercettazioni telefoniche di aprile tra la stessa Greta – in quel momento impegnata a organizzare il suo viaggio in Medio Oriente – e un siriano 47enne di Aleppo, Mohammed Yaser Tayeb, che fa il pizzaiolo ad Anzola dell’Emilia, provincia di Bologna, ma che gli investigatori considerano un militante islamista in quanto legato ad altri siriani impegnati in “attività di supporto a gruppi di combattenti operativi in Siria a fianco di milizie contraddistinte da ideologie jihadiste”.

Si è scoperto così che il progetto delle due giovanissime “era rivolto a offrire supporto al Free Syrian Army”, ora supportato dall’Occidente in funzione anti-Isis ma anch’esso composto da variegate frange di combattenti islamisti, alcuni dei quali vicino ad al Qaeda.

L’informativa del Ros, riferisce Angela Camuso, sintetizza così una telefonata tra Greta Ramelli e Mohammed Yaser Tayeb:

“Greta precisa che un primo corso si terrà prossimamente in Siria con un operatore che illustrerà ai frequentatori – circa 150 persone tra civili e militari dell’esercito libero – i componenti del kit di primo soccorso e il loro utilizzo. La donna dice che ha concordato con il leader della zona di Astargi (fonetico) di consegnare loro i kit e che a loro volta li distribuiranno ai gruppi di combattenti composti solitamente da 14 persone, facendo in modo che almeno uno degli appartenenti a questi gruppi fosse dotato del kit e avesse partecipato al corso”. […] “Greta racconta che vogliono pubblicare delle notizie su Facebook prima della loro partenza e fare una presentazione su di loro e sulle esperienze già fatte. Greta racconta che nonostante non pensassero di farcela hanno raccolto tutti i soldi per pagarsi il viaggio da soli e per il trasporto di latte aggiungendo di volere pubblicare per una questione di visibilità sotto il logo della comunità siriana in Italia tutta l’esperienza che lei, Vanessa e Roberto [ Roberto Andervill] hanno maturato in campo umanitario comprese tutte le foto degli scontri e quant’altro”.

Greta “fa l’esempio dell’invio di 1.800 kg di latte in polvere” e concorda con Yaser di evitare le foto dei militanti anche perché l’amico siriano le ricorda che a seguito della pubblicazione di una foto “un ragazzo era stato arrestato dalle forze del regime”. Mohammed Yaser Tayeb secondo quanto emerso finora dalle indagini potrebbe aver aiutato in buona fede le due cooperanti senza immaginare il loro destino.
Tayeb, prosegue Angela Camuso, risulta però in contatto da più di un anno con uno studente dell’università di Bologna Maher Alhamdoosh, residente a Casalecchio di Reno. Maher Alhamdoosh ha iniziato a interessare gli inquirenti all’indomani di un altro rapimento in Siria: quello dei reporter, tornati in libertà lo scorso anno, Amedeo Ricucci, Elio Colavolpe, Andrea Vignali e della free-lance italo siriana Susan Dabous, finiti per dieci giorni in mano a un gruppo filo-qaedista dopo nemmeno 24 ore il loro arrivo in Siria.

I giornalisti – era la primavera del 2013 – si erano rivolti proprio ad Alhamdoosh per chiedergli di accompagnarli nella loro trasferta ed è stato iniziando ad indagare sulla loro sparizione che i carabinieri del Ros sono incappati in conversazioni tra lo studente e altri islamici residenti in Turchia e in Siria ritenute di “interesse investigativo” e anche nelle conversazioni telefoniche tra Greta Ramelli e uno dei più stretti amici di Alhamdoosh, il pizzaiolo Yasser Mohammed Tayeb.

Il 26 aprile Greta telefona a Tayeb e gli illustra dettagli e spirito del progetto che lei e Vanessa hanno in mente:
“Greta dice a Tayeb che quello a cui tengono di più, soprattutto lei e Vanessa, è far capire che il loro lavoro si svolge in favore della rivoluzione e dell’aiuto umanitario, che il loro sito ha come simbolo la bandiera della rivoluzione a differenza di tutti gli altri che lavorano sotto l’egidia della neutralità; che sono state protette dall’Esercito Libero e che loro [quelli dell’Esercito Libero] non sono l’Isis, infatti in alcune zone non indossavano neppure il velo”.

Da successive intercettazioni, gli investigatori hanno ricavato la convinzione che Mohammed Tayeb

“si attivò concretamente per sostenere il progetto delle due cooperanti. Tayeb le mise in contatto, infatti, con un altro siriano insediato nel Bolognese: Nabil Almreden, nato a Damasco, medico chirurgo residente a Budrio, presso il cui ospedale civile lavorava prima di andare in pensione. Al medico Nabil, anche lui vicino allo studente bolognese Maher, il pizzaiolo Tayeb chiese, sempre a fine aprile del 2014, di inviare in Siria una “lettera di raccomandazione” per Vanessa Marzullo:
“Verosimilmente un ‘accredito’ presso una non meglio istituzione all’interno del territorio siriano”.

Un nuovo inquietante squarcio è aperto da Niccolò Zancan, che, per la Stampa, ha intervistato  Roberto Andervill, 46 anni, fabbro di mestiere, “da sempre impegnato nel sociale”, che, con Greta e Vanessa, ha cowtruito il progetto Horryaty, “che si prefiggeva l’obiettivo di aiutare la popolazione siriana”.

Roberto Andervill ricorda:

“A marzo abbiamo fatto un sopralluogo insieme: io, Greta e Vanessa. Sette giorni, la maggior parte dei quali trascorsi in Turchia”.

Rispetto a quanto emerso dalle intercettazioni, Roberto Andervill minimizza:

“Non c’era eroismo, solo la voglia di portare aiuto. Semplicemente: a noi interessano le migliaia di vittime civili a cui a nessuno sembra prestare attenzione…Avevamo raccolto dei fondi insieme. Il piano prevedeva di comprare in Turchia pacchi alimentari, latte in polvere e medicine per poi consegnarli. Era quello che Greta e Vanessa stavano facendo”.

Niccolò Zancan incalza: C’è chi accusa Roberto Andervill di essere un cattivo maestro. Cosa risponde? La risposta è quasi brutale:

“Non è vero. Nessuno ha costretto Greta e Vanessa a partire”.

E rincalza, su Greta Ramelli:

“Il suo curriculum parla per lei. Ha fatto molti viaggi. Non la puoi fermare, non la puoi costringere. È intelligente. Preparata. Ha entusiasmo. Solo in Italia a vent’anni sei considerato un bambino». Del progetto Horryaty parleremo, quando sarà il momento. Decideranno loro se andare avanti o chiudere…”.