Marco Travaglio: perché Ezio Mauro attacca Gentiloni? Saviano spacca Repubblica, guerra degli editoriali

di Sergio Carli
Pubblicato il 11 Agosto 2017 - 07:23 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio becca Ezio Mauro: "Il cucchiaio di Gentiloni..." Saviano spacca Repubblica, guerra degli editoriali

Marco Travaglio becca Ezio Mauro: “Il cucchiaio di Gentiloni…” Saviano spacca Repubblica, guerra degli editoriali

Si segnala, per gli amanti del genere, una feroce polemica fra Marco Travaglio, direttore del Fatto, e Ezio Mauro, ex direttore di Repubblica. C’è di più. Per coloro cui interessa questo altro genere letterario, si ha l’impressione di una spaccatura fra maitres à penser di Repubblica. Da una parte Roberto Saviano e Massimo Giannini, dall’altra Mauro e Mario Calabresi, attuale direttore.

1. Partiamo dallo scontro pubblico, fra Travaglio e Mauro. Piemontesi entrambi, non si sono mai amati. Ora però volano gli stracci. Mauro si divincola fra il suo senso cuneese della autorità e un inedito buonismo che non gli appartiene. In comune con Veltroni ha lo stile sanpaolesco, ma nessuno può dirlo un boldriniano. Eppure il suo articolo del 9 agosto è uno zig zag fra quello che dicono il cuore e il buon senso e quello che ispira il marketing. Ovvero, se volete una lettura più tramista, quello che impone una correzione di rotta rispetto alla derivata pro Ong fatta assumere a Repubblica da Saviano.

L’attacco di Travaglio è diretto solo contro Mauro.  1.  Mauro fa riferimento a “giornali grillini” e Travaglio, anche se non lo dice, si sente evidentemente coinvolto; 2. del tema Ong Travaglio si era già occupato, proprio il 5 agosto come Saviano, attaccando le Ong e mirando in particolare a Luigi Manconi, senatore tutto schierato con le Ong. Ne bis in idem.

Travaglio butta là una teoria che ci auguriamo infondata: che l’obiettivo inconfessato di Mauro sia Gentiloni, anche se “pudicamente” non lo nomina: “Ma è chiaro che Mauro ce l’ha con lui quando accusa un generico “governo” di “esercitarsi a svuotare il mare col cucchiaino di un codice per le organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo”.

Se stare con Minniti e Gentiloni è essere grillini, allora dobbiamo dirci tutti grillini. Meglio, incomparabilmente meglio, che Dalemini o Boldrinini. E non solo per questo.

2. C’è un passaggio, nel pezzo di Travaglio, che dà lo spunto per una diversa ricostruzione. Travaglio cita, paradossalmente inglobandolo nelle truppe grilline, per polemizzare con Mauro, un giornalista di Repubblica, Carlo Bonini. Il suo articolo del 3 agosto 2017 è sanamente schierato dalla parte di Minniti e dei giudici di Trapani.  (Allo sforzo della magistratura siciliana di vedere le Ong senza il paraocchi della ideologia di pseudo sinistra Travaglio ha dedicato l’articolo del 5 agosto di cui sopra).

Bonini scrive parole durissime contro “le  ipocrisie e il cinismo di questi mesi che hanno accompagnato il dibattito pubblico sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo centrale e al largo delle coste libiche”. E contro lo “infernale meccanismo” in cui è finita l’ Italia. Almeno fino a quando — e ne va dato pieno atto e merito — al Viminale non sono arrivati il ministro Marco Minniti e un’idea di governo dei flussi migratori”.

Roberto Saviano, quello che lasiò l’ Espresso che lo aveva lanciato, per passare a Repubblica senza nemmeno un sms di addio al direttore, ha subito messo i piedi in testa a Bonini. Il 5 agosto ha proclamato senza mezzi termini:  “Io sto con Medici senza frontiere”.

Probabilmente a Repubblica sono convinti che il core dei loro sempre meno lettori (hanno venduto 174 mila copie in maggio 2017, ne vendevano 651 mila nel 2000) siano tanti cloni di Veltroni, D’Alema, Bersani e Boldrini).

Così il 7 agosto Massimo Giannini, un po’ self styled detentore della vera identità della sinistra, esce di rinforzo a Saviano, attaccando “Il silenzio della sinistra”.

Un conto è appoggiare le Ong, che già di per sé è brutto e sbagliato, un conto è mettere in mora una sinistra lacerata dal verbo di Minniti. Ordine e legalità possono essere di sinistra.

Forse Giannini è andatoun po’ troppo in là. Ecco che, in due successive date, Calabresi e Mauro sono stati costretti a arrampicarsi sugli specchi.

 Calabresi il giorno 8 agosto: “Perché non vinca la propaganda”.

Mauro il giorno 9 agosto: “L’inversione morale”. San Paolo puro.