Panebianco: “Pdl statalista come il Pd”. Non è destra: trasformismo di servizio

di Sergio Carli
Pubblicato il 19 Ottobre 2013 - 12:01 OLTRE 6 MESI FA
Panebianco: "Pdl statalista come il Pd". Non è destra: trasformismo di servizio

La destra di Berlusconi (qui con Enrico Letta) è al servizio degli interessi privati di Berlusconi

I tempi sono maturi per

“una presa d’atto delle ragioni di fondo dei fallimenti dei Governi Berlusconi, del fatto che le (troppe) parole spese sulla «rivoluzione liberale» non fossero accompagnate da atti in grado di dare davvero senso, e credibilità, a quelle parole”,

sostiene Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, in un articolo di fondo intitolato

“Gli statalisti trasversali”

e esorta la gente del Pdl:

“Piuttosto che sui gradi di fedeltà al capo sarebbe forse più sensato, per il Pdl, dividersi tra chi pensa che non ci siano autocritiche da fare e chi pensa che sia infine necessario cambiare registro”.

Panebianco prende spunto da un appello firmato da un gruppo di economisti, fra i quali Francesco Giavazzi,  

“contro il nuovo statalismo, le azioni neo-protezioniste del governo Letta. I sottoscrittori fanno riferimento a tre interventi a gamba tesa del governo volti a bloccare gli investitori stranieri: l’operazione che ha portato la Cassa depositi e prestiti al pieno controllo di Ansaldo Energia, quella su Telecom Italia e, infine, la ristatalizzazione di fatto di Alitalia attraverso l’intervento delle Poste. In tutti e tre i casi, anziché lasciare che il mercato seguisse il suo corso e che le suddette aziende venissero acquisite da investitori disposti a rischiarvi i propri soldi, si è scelta, cambiando le regole ex post, a giochi ormai aperti, la via statalista. Pessimi segnali inviati ai mercati da quello stesso governo che diceva di volere attirare capitali esteri, di voler far cambiare idea a coloro che non investono in Italia perché ritengono il nostro Paese inaffidabile”.

Nota Panebianco la contraddizione tra il fatto che si tratta di azioni tipicamente di sinistra da parte di un Governo in cui la destra, almeno in teoria, dovrebbe avere (Panebianco dice “ha”) un peso pari. Panebianco parla di fatto “singolare”, mentre basta pensare ai comportamenti del Governo in materia di fisco e di pensioni elevate per capire che non di destra si può parlare, ma di opportunismo e trasformismo subordinato semore e solo agli interessi personali e industriali di Berlusconi.

Se non si accetta la subordinazione di Forza Italia, Pdl, Forza Italia ai fatti di Berlusconi e non a una idea politica, si finisce come lo smarrito Panebianco che si chiede:

“Non toccherebbe alla destra la più fiera difesa del mercato? Non toccherebbe alla destra contrastare le pulsioni stataliste della sinistra? E invece no. Queste operazioni si sono fatte col consenso e l’attiva partecipazione del Pdl. L’anomalia italiana è che in questo Paese non è statalista solo la sinistra. Lo è anche la destra”.

Per forza: per Berlusconi la politica non è un fine, ma un mezzo per tutelare i suoi interessi. Scrive Panebianco:

“Non ha molto senso battersi contro la Imu o altre tasse e poi lasciare che l’intervento pubblico dilaghi. Poiché le tasse alte sono solo un sintomo, o l’effetto, di una presenza statale che non si sa contenere né ridurre”.

Ma la battaglia della Imu non discende da una logica, giusta o sbagliata, tipo Tea Party: una bieca mossa demagogica che è finita per costare cara proprio agli incauti elettori di Berlusconi.