Pensionati contro Renzi: soldi rapinati, non un regalo, non ci prenda in giro

Pubblicato il 19 Maggio 2015 - 12:47 OLTRE 6 MESI FA
Pensionati contro Renzi: soldi rapinati, non un regalo, non ci prenda in giro

Matteo Renzi, al centro, fra Giuliano Poletti e Federica Guidi, autore di una umiliante sceneggiata alle spalle dei pensionati

ROMA – È ora di dire basta a Matteo Renzi, vada a esibire i suoi giochetti da imbonitore nella valle dell’Arno, ma tratti con rispetto l’intelligenza dei pensionati italiani. Davanti alla gigantesca presa in giro di Matteo Renzi, alle spalle e ai danni dei pensionati non ci sono parole: ignobile il comportamento nei confronti delle pensioni d’oro, umiliante il trattamento riservano ai 4 milioni di pensionati di latta: quelli che i burocrati di qualche ministero, tutta gente da varie migliaia di stipendio al mese, ha considerato ricchi per una pensione superiore a 1.350 euro al mese e che ora Renzi considera meno ricchi dei paperoni che prendono fra i 1.350  e i 3.000 euro (lordi) al mese.

Renzi non regala nulla, restituisce una piccola parte o anche nulla di quello che dovrebbe. Non sono soldi dello Stato quelli che cerca di non distribuire, ma soldi dei pensionati cui lo Stato li ha illegalmente sottratti.

Con questi giochetti sulle pensioni si viola un principio della Costituzione, la non retroattività delle norme fiscali e si sfascia soprattutto in modo irreparabile la credibilità dello Stato. Se voi foste un investitore straniero, vi fidereste e comprereste titoli di uno Stato truffatore come quello che Renzi sta definendo?

Complici i giornali, davvero servi di un Governo che mostra ormai la corda, sta cercando di fare passare una rapina di Stato come una sua grande elargizione. Certo i giornali sono importanti, vendono migliaia e migliaia di copie, fanno l’opinione pubblica. L’opinione pubblica, quella che legge i giornali, è fatta dalla parte più alta dell’Italia: gente che ha studiato, che ha lavorato, molti in posizioni di responsabilità. Credono sempre meno ai giornali e se vi chiedete perché le vendite dei giornali calano sempre di più una spiegazione è anche che sempre meno curano gli interessi dei loro lettori, preferendo servire magari quelli dei loro padroni.

Quelli come Renzi una volta li chiamavano imbonitori. Tutti i grandi politici sono un po’ venditori di fumo. Con Renzi siamo alla truffa con sberleffo sfacciata e proterva.

Sarà anche bene che Renzi si chiarisca un concetto: non c’è lo Stato di Monti e lo Stato di Renzi. C’è lo Stato. In nome di quello Stato che in teoria almeno doveva servire Mario Monti ha espropriato milioni di italiano di parte del denaro dovuto sotto forma di pensioni dopo decenni di versamenti o a seguito di impegni dello Stato sotto la forma più solenne, quella della legge. La Corte Costituzionale ha stabilito che Monti ha vuolato la legge fondamentale, quella che qualche incauto ottimista ha definito la Costituzione più bella del mondo. In ogni caso è la legge fondamentale dello Stato italiano, per ottenere la quale sono morti a migliaia, da Amatore Sciesa e i martiri di Belfione, ai partigiani delle Resistenza all’occupazione tedesca.

In nome della legge fondamentale, la Corte Costituzionale ha ordinato allo Stato di restituire il maltolto. Primo ministro, pro tempore, c’è Renzi: tocca a lui eseguire. Punto.

Renzi ha capito che il tema pensioni è ultra sensibile. Monti è sparito dal radar politico anche (certo non solo) per il caos che ha provocato nelle pensioni.

Renzi è stretto in una campagna elettorale che non può permettersi di vincere ma deve stravincere. Può stravincere se porta al Pd i voti dei moderati, disgustati da Berlusconi, senza altrernative se non l’astensione. Ma non può illudersi di prendere il giro i pensionati con i suoi trucchetti che forse andavano bene una volta sulla piazza di Rignano sull’Arno, ma ora non funzionano nemmeno più lì.

Povero Renzi ha anche un’altra spada nel fianco, quella di Beppe Grillo. I descamisados che costituiscono la base elettorale di Beppe Grillo hanno fatto del M5s il primo partito in Parlamento. Si può calcolare che 5 punti dei 25 presi da Beppe Grillo alle ultime politiche, nel 2013, fossero di descamisados che contavano nel reddito di cittadinanza. A quella base mira Renzi con i suoi 80 euro (di cui hanno beneficiato anche ricchi i cui redditi da patrimonio non sono stati cumulati alla retribuzione?) e con battute tipo che voleva destinare i soldi dei rimborsi ai pensionati a combattere la povertà. (E basta anche con questo lamento dei poveri: cosa vuole dire povero al Nord e cosa al Sud? quanti poveri sono tali davvero e quanti lo sono perché non pagano le tasse e lavorano al nero?).

Quella stessa base di descamisados fa ora gola anche alla Lega e Roberto Maroni, uno dei più bravi amministratori della cosa pubblica dell’Italia di oggi, sta giocando con l’idea e lancia segnali.

Renzi a un certo punto dovrà decidere: vuole essere guida di un partito di sinistra alla Peron giustizialista, dai cui tempi l’Argentina non si è più ripresa nemmeno 60 anni dopo oppure vuole guidare un partito di sinistra come il Laborista di Tony Blair o il Democratico di Bill Clinton. Entrambi comprendevano i mille auro per le fasce più basse, anche se mascherate da lavori più o meno inutili. Ma il percorso per dare ai “poveri” del denaro non era quello diretto dell’esproprio; era quello di far diventare un po’ più prospere le classi medie e alte in modo che dal maggiore reddito fiscale (gli americani e gli inglesi pagano imposte molto più basse delle nostre eppure lo Stato è più ricco, forse perché le ruberie, che ci sono, sono più controllate) venissero le risorse per aiutare i più deboli: la via americana al benessere contrapposta a quella sovietica.