Repubblica cambia padrone, era scritto nel muro, ma Elkann-Agnelli è meglio di De Benedetti

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John Elkann (foto Ansa)

ROMA – Il controllo del gruppo editoriale Gedi, proprietario di Repubblica, Stampa, una serie di giornali locali, del settimanale l’Espresso, in (quasi) equilibrio economico grazie alle tre radio, di cui la Rdj di Linus leader, sta per passare dai figli di Carlo De Benedetti alla Exor della famiglia Agnelli-Elkann.

Febbrili trattative pare siano in corso in queste ore sui dettagli, ma l’accordo sui soldi sembra raggiunto. Non è rimasto molto, dei miliardi che valeva il Gruppo Espresso ai tempi d’oro, ma la crisi dei giornali non è solo italiana, in America è anche peggio.

Ancora pochi giorni prima, mercoledì 30 ottobre, il presidente di Gedi Marco De Benedetti e l’amministratore delegato Laura Cioli avevano negato qualsiasi ipotesi di vendita davanti al sindacato interno dei giornalistie e al direttore di Repubblica Carlo Verdelli. In circostanze simili,  

Carlo De Benedetti, a metà ottobre 2019, aveva offerto 39 milioni per il 30%, ai corsi di Borsa di quei giorni, valutando quindi il Gruppo attorno ai 140 milioni. Poco, secondo Rodolfo e i suoi fratelli, che valutano molto di più il loro 40%, che include il premio di maggioranza. Si saprà, forse già da lunedì, quanto Exor dovrà sborsare 

 Cir, la finanziaria della famiglia De Benedetti, è in trattativa con Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli, per vendere la quota di controllo di Gedi, il gruppo che edita Repubblica, Espresso e la Stampa. Lo rende noto la Cir in una nota. Il Consiglio di Amministrazione di CIR convocato per lunedì prossimo.

“In riferimento alle indiscrezioni apparse su alcuni organi di stampa riguardanti la partecipazione di Cir, Compagnie Industriali Riunite su richiesta della Consob – è scritto nel comunicato – Cir informa che sono in corso discussioni con Exor concernenti una possibile operazione di riassetto dell’ azionariato di Gedi che condurrebbe all’acquisizione del controllo su Gedi da parte di Exor”.

Il Consiglio di Amministrazione di Cir – prosegue la nota – convocato per il prossimo lunedì 2 dicembre per l’ esame di tale possibile operazione e all’esito dello stesso saranno fornite al mercato le opportune comunicazioni”. Attualmente Cir possiede il 43,78% del capitale ordinario della società editrice (pari al 45,753% della quota sul capitale votante) mentre Exor ha il 5,992% (pari al 6,262 della quota votante).

 “Alla luce del comunicato sul possibile riassetto dell’azionariato di Gedi, il Cdr di Repubblica si impegna a tutelare in tutte le sedi l’autonomia, l’indipendenza, la libertà dei giornalisti e a difendere la storia di Repubblica e ciò che rappresenta sin dal giorno della fondazione: un presidio democratico del Paese”. E’ quanto afferma il Cdr di Repubblica in una nota diffusa dopo che la Cir ha comunicato le trattative in corso per cedere la quota di maggioranza di Gedi, la società editrice del quotidiano, ad Exor. “Il Cdr – prosegue la nota – si opporrà, inoltre, a qualsiasi tentativo di imporre ulteriori sacrifici a una Redazione già fortemente provata da tagli e stati di crisi ai quali ha reagito in questi anni con straordinario senso di responsabilità, professionalità e abnegazione”.

Il presidente del gruppo editoriale Gedi Marco De Benedetti e l’amministratore delegato Laura Cioli solo mercoledì – in una riunione in redazione col sindacato interno e il direttore Carlo Verdelli – avevano negato qualunque ipotesi di vendita. A quel punto dal giornale chiedono alla società di smentire in fretta la notizia di Dagospia.

Passano diverse ore e, alla fine, arriva invece il comunicato “su richiesta della Consob” che conferma tutto: “Sono in corso discussioni concernenti un possibile riassetto dell’azionariato di Gedi”. Il consiglio d’amministrazione di Cir (la società dei fratelli De Benedetti) è convocato questo lunedì “per l’esame di tale possibile operazione”.

In realtà la trattativa è praticamente chiusa: Exor NV (la finanziaria olandese che è la cassaforte della famiglia Agnelli) acquisirà il pacchetto di maggioranza del gruppo editoriale da Cir, oggi al 43,7% (che comunque manterrà una quota nella società).

L’idea di Elkann, a quel punto, è effettuare il “delisting” del titolo, cioè l’uscita della società dalla Borsa. Aveva ragione De Benedetti senior, dunque, nella polemica un po’ sguaiata di ottobre coi suoi eredi, anche se la sua offerta da 40 milioni per l’intera società (a bilancio per sei volte tanto) era più che altro una provocazione.

Il valore del gruppo Gedi, peraltro, è confermato a circa 240 milioni – al lordo dei 120 milioni di passivo – anche nel report dedicato alla società da Mediobanca questo mese. Problema: tre quarti del valore è dato dal comparto “radio”, quello dei quotidiani e periodici – nonostante si parli di 25 testate – è assai lontano dal 20% (una quarantina di milioni). NUMERI che renderebbero più conveniente una vendita “a spezzatino”, opzione non esclusa quando sarà conclusa l’operazione (controllo agli Agnelli e delisting, appunto).

I comitati di redazione dei giornali del gruppo, Repubblica in testa, si aspettano ora di sapere assai in fretta cosa intende questo vecchio-nuovo azionariato. Domanda legittima, tanto più che la strategia di Elkann in questi anni è stata sempre quella di spostare gli interessi della famiglia fuori dall’Italia: cosa vuol farci adesso con tutti quei giornali e una società in perdita? Al momento lo sanno solo gli interessati. È però di certo una coincidenza interessante che questa operazione vada di pari passo con la cosiddetta “fusione” tra l’ex Fiat e Psa, operazione che vedrà fin da subito i francesi al comando e nel medio periodo potrebbe riservare pessime notizie per gli insediamenti produttivi in Italia.  

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